Da Sissa a Roccabianca, passando per Zibello e Polesine: tre giorni di sapori e festa nei borghi emiliani.
Nel cuore della Bassa parmense, tra nebbia, argini e borghi immersi nel silenzio della pianura, torna uno degli eventi più attesi dell’anno. La sagra più golosa d’Italia si snoda per tre giorni lungo i centri storici di Sissa, Polesine Parmense, Zibello e Roccabianca, trasformando la zona in un grande laboratorio a cielo aperto del gusto.
Fritture fumanti, vino dei colli parmensi, musica popolare e un via vai continuo di visitatori: il fine settimana si riempie di profumi, calore e voci. Non è solo una festa gastronomica, ma un rito collettivo che coinvolge intere comunità, richiamando migliaia di persone tra tavole, piazze e castelli.
Fritture in piazza e vino locale: cosa succede durante la sagra
Tutto inizia venerdì pomeriggio a Sissa, con l’apertura dei primi stand e i primi assaggi. Sabato si prosegue tra le vie di Polesine Parmense e Zibello, mentre domenica il gran finale si tiene a Roccabianca, dove la sagra si allarga fino alla piazza del castello.

I fritti sono i protagonisti indiscussi: si va dalle frittelle salate alle verdure in pastella, dal pesce azzurro fritto al momento alle olive dorate, passando per panini imbottiti e dolci rustici della tradizione emiliana. Tutto preparato al momento, servito su vassoi di carta con vino rosso locale o bianco frizzante.
Ogni borgo ospita anche momenti musicali diversi: fisarmoniche, orchestrine da ballo, cantastorie e, la sera, spazio a gruppi giovanili e DJ che chiudono le giornate con ritmi più moderni. L’afflusso cresce ora dopo ora. Solo nell’ultima edizione sono stati registrati oltre 22 mila visitatori.
I volontari locali gestiscono logistica e cucina. Ogni famiglia partecipa con un compito. I ragazzi servono ai tavoli, gli anziani supervisionano le ricette. Si mangia ovunque: sotto i portici, nei chiostri, tra le vie addobbate con luci e striscioni.
Una sagra che difende la memoria gastronomica
A differenza di molte fiere contemporanee, questa sagra mantiene una forte identità locale. Le materie prime vengono da produttori della zona. Il menù non cambia ogni anno, ma resta fedele alle ricette tramandate, quelle che non hanno bisogno di spiegazioni.
Ogni piatto racconta una storia. Il fritto non è solo fritto: è preparato secondo regole precise, con olio ben tenuto, pastelle leggere, tagli accurati. Il vino non arriva da fuori: viene servito da chi lo produce a pochi chilometri di distanza. Si beve nei bicchieri di plastica, in piedi o seduti su panche di legno, mentre sullo sfondo qualcuno attacca a suonare.
Il gran finale si svolge a Roccabianca, nel suggestivo scenario della piazza Garibaldi, accanto al Castello, dove si alternano laboratori del gusto, esposizioni artigiane e degustazioni tematiche. Qui si chiude la sagra, tra balli, brindisi e, spesso, pioggia sottile e nebbia che avvolge tutto come in una scena d’altri tempi.
Per chi arriva da lontano, la festa è anche scoperta di un territorio. Per chi ci vive, è memoria viva. Non a caso, ogni anno torna chi è andato via: per rivedere amici, per sedersi alla stessa tavola, per dire “ci vediamo l’anno prossimo”.