Il Nobel Parisi rifiuta l’incarico nella commissione sul doping: una lettera al ministero che fa discutere

Il Nobel Parisi rifiuta l'incarico nella commissione sul doping: una lettera al ministero che fa discutere

Il Nobel Parisi rifiuta l'incarico nella commissione sul doping: una lettera al ministero che fa discutere

Simona Carlini

3 Novembre 2025

Roma, 3 novembre 2025 – Giorgio Parisi, premio Nobel per la Fisica e una delle figure più rispettate della scienza italiana, ha scritto ieri al Ministero della Salute per ringraziare ma anche per rifiutare l’incarico di membro e presidente della commissione sul doping. La sua nomina, arrivata nei giorni scorsi, aveva già sollevato dubbi tra gli addetti ai lavori e l’opinione pubblica: Parisi, infatti, non ha alcuna esperienza in medicina sportiva o farmacologia. Il suo nome è finito per errore in quella lista, confuso con un omonimo.

Parisi dice no: “Questo non è il mio mondo”

La storia è venuta fuori lunedì mattina, quando il fisico romano – Nobel nel 2021 – ha mandato una lettera ufficiale al ministero guidato da Orazio Schillaci. “Ringrazio per la fiducia, ma non posso accettare: non è il mio campo”, ha scritto Parisi con il suo consueto tono pacato. La notizia ha subito fatto il giro degli uffici di viale Giorgio Ribotta e delle chat tra accademici. Tra battute e ironie, è venuto fuori il motivo: il vero destinatario della nomina era un altro Parisi, Attilio, rettore dell’Università di Roma Tor Vergata e docente di medicina interna.

Errore di omonimia scatena polemiche

Da quanto si apprende da fonti ministeriali, tutto sarebbe nato da un errore nella stesura degli atti ufficiali. Al posto di “Attilio Parisi” è stato scritto “Giorgio Parisi”, dando il via a una serie di equivoci che si sono chiusi con la pubblicazione del decreto. “Un semplice errore materiale”, spiegano dal ministero. Eppure, la vicenda ha scatenato reazioni a catena: sui social sono spuntati meme e battute (“Il Nobel al doping?”), mentre alcuni protagonisti del mondo sportivo hanno espresso più di qualche dubbio sulla scelta.

Le voci dal mondo accademico e sportivo

Tra i primi a intervenire c’è stato proprio Attilio Parisi, che ha scelto di mantenere un basso profilo. “Ne sono venuto a sapere solo stamattina”, ha detto ai colleghi dell’ateneo. Nel frattempo, il presidente del CONI Giovanni Malagò ha invitato a “non creare allarmismi”, ricordando che “gli errori possono capitare, l’importante è correggerli rapidamente”. Più severo invece il presidente della Federazione Medico Sportiva Italiana, Maurizio Casasco: “Serve più attenzione nella scelta dei componenti delle commissioni. Su temi così delicati non si può sbagliare”.

Il Ministero della Salute ammette l’errore

Nel primo pomeriggio è arrivata la nota ufficiale del Ministero della Salute: “Si tratta di un errore materiale dovuto a omonimia. Ringraziamo il professor Giorgio Parisi per la disponibilità e procederemo alla correzione del decreto”. La commissione sul doping, nata il mese scorso per controllare l’uso di sostanze vietate nello sport italiano, dovrà quindi aspettare la nomina corretta del suo presidente. Fonti vicine al ministero assicurano che il nuovo decreto dovrebbe essere firmato entro la settimana.

Un caso che riapre il dibattito sulle nomine pubbliche

L’episodio ha riacceso il dibattito sulle nomine pubbliche e sulla necessità di più attenzione nella scelta dei profili. Non è la prima volta che simili errori finiscono sotto i riflettori: solo l’anno scorso un docente universitario era stato inserito per sbaglio in una commissione ministeriale. “Serve maggiore cura”, ha ribadito il senatore Andrea Crisanti (PD), chiedendo una revisione delle procedure interne.

Parisi: “Grazie, ma resto nella mia fisica”

In serata, Giorgio Parisi ha confermato la sua posizione con una breve dichiarazione all’ANSA: “Ringrazio per la stima, ma preferisco continuare a lavorare sulla fisica teorica. Il doping non è il mio campo”. Parole semplici, che chiudono con garbo una giornata segnata da confusione e ironia. Eppure, resta una domanda: quanto sono solide davvero le procedure che guidano le scelte nelle istituzioni italiane?

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