Roma, 28 novembre 2025 – Trent’anni di storie dall’Africa si raccontano attraverso un mosaico di **fotografie e volti** esposti in questi giorni nella sala conferenze del Centro Sant’Egidio, nel cuore di Trastevere. Le immagini arrivano da **Kenya, Zambia e Sudan**, scattate durante un viaggio umano iniziato negli anni Novanta e mai interrotto. Volti di bambini e ragazzi, piccoli gesti, scuole di villaggio: un racconto costruito giorno dopo giorno, spesso insieme ai **volontari** italiani e africani che negli anni hanno condiviso questa strada.
## **Un viaggio lungo trent’anni tra Kenya, Zambia e Sudan**
Dietro queste foto, quasi sempre in bianco e nero, c’è la storia di **Chiara Romano**, cooperante e fotografa romana che ha trascorso tre decenni accanto ai più piccoli nelle periferie di Nairobi, nelle missioni dello Zambia rurale, tra i rifugi di fortuna vicino al confine sudanese. “Ogni scatto è nato da un incontro. Quasi sempre all’alba, quando i bambini escono a piedi nudi per andare a scuola o portare l’acqua”, ha raccontato Chiara durante l’inaugurazione. “Le immagini sono la voce di chi resta ai margini”.
La mostra raccoglie più di cinquanta fotografie. Una parete intera è dedicata agli scatti fatti con i volontari della Comunità di Sant’Egidio e delle ONG italiane presenti in Africa. I nomi spuntano tra le didascalie: Giulia da Bologna, che ha insegnato matematica a Lusaka; padre Daniel, missionario nel Sud Sudan dal 2003; Ruth, operatrice keniana che “conosce ogni bambino per nome”, come si legge accanto a una foto al tramonto.
## **Fotografie come strumenti di memoria collettiva**
L’esposizione evita effetti spettacolari. In una sala piuttosto semplice, le stampe sono appese a fili sottili con mollette di legno. Una scelta essenziale – voluta dall’autrice – che invita a sfogliare le storie con calma e magari a riconoscersi in qualche sguardo. Ogni foto è accompagnata da una breve testimonianza scritta a mano: piccoli frammenti che parlano della vita nelle scuole improvvisate di Nairobi, dell’attesa della pioggia nelle campagne dello Zambia o del ronzio dei generatori tra le tende degli sfollati sudanesi.
“La fotografia resta uno strumento potente per raccogliere memoria”, ha spiegato Romano agli studenti delle scuole superiori arrivati alla mostra. “Ma serve soprattutto a restituire dignità a chi rischia di essere dimenticato”. E poi ha aggiunto: “Senza questi volti non sarei la persona che sono oggi”.
Tra i visitatori ci sono ex volontari e operatori umanitari. Paolo Santoro, insegnante in pensione che ha lavorato a lungo in Africa orientale con progetti educativi, si è fermato davanti a una foto scattata a Kibera: “Ci sono momenti che ti restano dentro per tutta la vita”, ha confessato.
## **Tracce di futuro nei progetti condivisi**
Il percorso fotografico si chiude con alcune immagini recenti. Bambini di sette-otto anni ritratti mentre ridono durante una partita a calcio su un campo sterrato. Vicino c’è una lavagna consunta con la scritta “Domani impariamo insieme”. I progetti nati in questi trent’anni – laboratori scolastici, corsi di informatica e attività sportive – continuano ancora oggi grazie al sostegno dei volontari locali e internazionali.
Secondo i dati forniti dalla **Comunità di Sant’Egidio**, solo tra il 2022 e il 2024 sono stati coinvolti oltre mille giovani in attività educative tra Lusaka, Nairobi e Juba. In molti casi il percorso fotografico si intreccia con le storie personali: alcuni bambini ritratti negli anni Novanta oggi sono insegnanti o operatori sociali nei loro villaggi.
“Insieme abbiamo costruito qualcosa che resterà”, ha sottolineato Romano durante il suo intervento. “La fotografia ci ricorda che nessuno si salva da solo”.
## **Il ruolo dei volontari e il legame con l’Italia**
Gran parte delle fotografie esposte nascono dal lavoro dei tanti **volontari italiani** che hanno dedicato mesi o anni ai villaggi africani. Le storie personali emergono dalle didascalie: la nostalgia per casa, la fatica a imparare lingue nuove ma anche la capacità di creare legami profondi oltre le differenze culturali.
Anna Rinaldi, studentessa romana appena tornata dal Kenya dopo un periodo da volontaria, racconta: “All’inizio avevo paura di non servire a niente. Poi i bambini ti insegnano a vedere tutto con occhi nuovi”. Un’esperienza condivisa da molti ragazzi presenti all’inaugurazione: “Porterò sempre con me i nomi dei bambini e le loro risate”, ha confidato un giovane medico milanese.
La mostra resterà aperta fino al 15 dicembre. Ingresso gratuito; orario continuato dalle 10 alle 19, tutti i giorni tranne il lunedì. Un invito silenzioso – quasi sommesso – a soffermarsi sulle storie dei bambini d’Africa per ricordare che dietro ogni volto c’è un nome preciso, una storia vera, un incontro reale.