La prima compagnia di immersioni al mondo interamente gestita da persone sorde: la storia di Thomas Koch

Luca Mangano

5 Dicembre 2025

Roma, 5 dicembre 2025 – Thomas Koch, subacqueo americano di origine sorda, lo ripete spesso: “Sott’acqua il suono non conta – siamo tutti sordi laggiù“. Lo ha raccontato durante un incontro a Milano nel fine settimana, ripensando alla sua prima immersione. Era il 1996, aveva vent’anni e si trovava nel lago Travis, ad Austin, Texas. Da allora, per lui il mare ha sempre significato una cosa semplice: parità.

L’esperienza di Thomas Koch: sott’acqua si azzerano le differenze

Koch, oggi istruttore e divulgatore, non ama essere etichettato come “sub sordo”. Spiega che sott’acqua “siamo tutti costretti a comunicare senza voce, con segni e gesti che vanno bene per tutti”. In quel mondo sommerso, le barriere del suono spariscono. Anche chi sente si affida alla lingua dei segni per avvertire di problemi o pericoli. “Sott’acqua nessuno può parlare – ha aggiunto – ed è una sensazione liberatoria per chi, come me, ha passato l’infanzia a leggere le labbra e a interpretare i suoni”.

Il contatto con il mondo sommerso non è mai stato un limite, anzi. “Molti credono che la sordità sia un ostacolo. Eppure in acqua la differenza si annulla”, ha spiegato Koch davanti a un gruppo di studenti dell’Università Statale. Quando gli chiedono dei rischi e delle difficoltà, sorride e risponde che “tutto si basa su regole chiare e gesti condivisi. Gli istruttori imparano presto ad adattarsi”.

L’accessibilità nella subacquea: realtà e ostacoli ancora da superare

Il tema dell’accessibilità nelle attività subacquee riguarda molte persone con disabilità sensoriali. In Italia si stimano circa 60mila cittadini sordi (fonte Ente Nazionale Sordi), e una parte di loro pratica sport acquatici. Il problema vero resta spesso fuori dall’acqua: corsi teorici poco inclusivi, manuali tecnici quasi mai disponibili in lingua dei segni o con supporti visivi.

“Gli istruttori dovrebbero conoscere anche la LIS (Lingua dei Segni Italiana)”, spiega Serena Martino, docente e subacquea di Genova. “Nei centri diving qualcosa si muove, ma serve più attenzione alle esigenze specifiche: video sottotitolati, briefing con interpreti, orari più flessibili”.

Non è solo una questione di sicurezza – anche se Koch insiste: “Chi non comunica bene durante le lezioni rischia di sentirsi escluso o di non imparare come si deve”. Molti centri diving italiani stanno aderendo a protocolli internazionali come HSA (Handicapped Scuba Association), ma la diffusione è ancora irregolare.

Una comunità che cresce: la subacquea come terreno di inclusione

C’è chi racconta che il mare sia diventato un punto d’incontro tra mondi diversi. Arrivano immagini dal centro Subacquea Diversamente di Catania: piccoli gruppi di allievi con sordità si immergono al largo della Playa ogni sabato mattina. “I ragazzi imparano subito i segnali standard”, dice Marco Barbagallo, istruttore specializzato. Spesso sono proprio loro a insegnarli agli altri.

Le iniziative crescono anche grazie al passaparola sui social e ai progetti delle associazioni locali. Non mancano le difficoltà pratiche – trasporti e attrezzature personalizzate sono ancora una sfida – ma l’entusiasmo resta alto. “Siamo riusciti a portare in acqua più di cinquanta persone in due anni”, sottolinea Barbagallo. Un risultato che dimostra quanto lo sport possa abbattere le barriere.

Il futuro della subacquea accessibile: formazione e cultura

“Il mare è silenzioso per tutti”, riflette Thomas Koch mentre ripone le attrezzature al termine dell’incontro milanese. Questo è il suo messaggio: in acqua la sordità svanisce come un pregiudizio che si scioglie. Solo così la subacquea può diventare davvero uno spazio aperto a tutti.

Per gli addetti ai lavori la vera sfida sarà rendere normale l’accesso anche per chi non sente – o vede – come la maggioranza. Più corsi dedicati, formazione aperta ai formatori, collaborazione stretta con le associazioni delle persone con disabilità sensoriali.

Perché sott’acqua, ribadisce Koch, “siamo solo corpi che respirano e occhi che osservano”. E proprio lì sotto – dove il rumore sparisce – ognuno trova il suo spazio.

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