La guida definitiva al tè in India: tradizioni, varietà e segreti del chai indiano

Luca Mangano

20 Dicembre 2025

Milano, 20 dicembre 2025 – In India, il – che si chiami chai, cha, chaha, choi o sah, a seconda dello Stato e della lingua – è il ritmo delle giornate di milioni di persone. Dalla stazione di Mumbai alle strade affollate di Delhi, dalle cucine rurali del Bengala alle metropoli del Sud, questa bevanda cambia forma e sapore mille volte. Un rito quotidiano, quasi un bisogno, che va ben oltre la semplice abitudine.

In ogni angolo dell’India, una tazza che unisce

Alle prime luci dell’alba, seduti su sgabelli sgangherati, operai e studenti stringono tra le mani bicchierini di vetro roventi. È in quel momento che il tè indiano diventa una lingua comune: poco importa se si chiama chai (in hindi e urdu), oppure chaha (marathi) o sah (kashmiri). A Kolkata si ordina un “cha”, spesso con latte e tanto zucchero; nel Gujarat è più speziato, altrove resta quasi amaro, solo con un accenno di foglie fresche o cardamomo. I venditori ambulanti – i famosi chaiwala – si affollano sui marciapiedi fin dalle sei del mattino. I profumi si mescolano: zenzero, cannella, chiodi di garofano. “Non riesco a immaginare una giornata senza chai”, racconta Devendra, 48 anni, conducente di risciò a Varanasi. Le sue mani macchiate di henné tremano un po’ mentre versa il liquido fumante.

Tradizioni diverse, stessa funzione sociale

Nelle case – anche nei villaggi più piccoli – preparare il è un momento di incontro. L’acqua sobbolle insieme a foglie di Assam o Darjeeling, zucchero e spezie; ogni famiglia ha la sua ricetta. Nel Kashmir preferiscono il Noon Chai, rosato e salato, servito con pane piatto. In Kerala invece il “choi” è più chiaro e meno dolce. Cambiano gli ingredienti ma resta sempre lo stesso scopo: accogliere amici e parenti, raccontare le ultime novità o discutere dei prezzi al mercato. La sera, seduti sui gradini di casa, non è raro sentire: “Ancora una tazza?”. Spesso si parla piano, tra sospiri e sorsi lenti.

Un pilastro dell’economia e dell’identità locale

Secondo i dati del Tea Board of India, nel 2024 la produzione nazionale ha superato 1,37 milioni di tonnellate. L’India è seconda al mondo dopo la Cina. La filiera coinvolge oltre due milioni di famiglie, soprattutto nei distretti del West Bengal e dell’Assam: lì le piantagioni sembrano non finire mai e danno lavoro a migliaia di braccianti, per lo più donne. I guadagni? Non sono mai molti: “Raccogliamo anche sotto il sole cocente per poche rupie”, confida Sushila Devi, 37 anni e madre di quattro figli. Eppure questa fatica resta fondamentale per molte famiglie.

Il tè nella società indiana contemporanea

Nelle grandi città come Mumbai o Bangalore il tè continua ad avere un ruolo centrale. Bar moderni e catene internazionali propongono versioni nuove: bubble tea alla tapioca, infusi freddi o aromatizzati alla vaniglia. Ma il vero protagonista rimane il “cutting chai”, la mezza tazza da strada venduta a pochi centesimi. Nei vicoli si formano le file più lunghe: impiegati in camicia fianco a muratori in sandali aspettano pazienti il loro turno. In alcune università viene offerto durante gli esami; nei negozi lo si sorseggia con i clienti prima di chiudere un affare.

Un ponte tra passato e futuro

La storia del tè in India affonda nel XIX secolo coloniale: furono i britannici a spingere la coltivazione su larga scala, piantando le prime colture nel Nord-Est del Paese. Col tempo quel rito è diventato parte della cultura popolare ed è stato fatto proprio con un tocco locale. “Mia nonna diceva che ai suoi tempi il tè era una rarità”, racconta Arun Dasgupta, pensionato di Calcutta. Oggi trovare una famiglia che non inizi la giornata con almeno una tazza è praticamente impossibile.

Un’abitudine che resiste

A New Delhi come a Chennai, nelle stazioni sperdute o negli uffici pubblici più grigi l’aroma pungente del tè scandisce le ore della giornata. I negozianti lo offrono ai clienti con gesti abitudinari; fuori dalle case, tra bambini che giocano e madri indaffarate, il bollitore sembra cantare in sottofondo senza sosta. Per molti sociologi locali questa non è solo una semplice abitudine o conforto: “Il chai è ciò che ci tiene insieme”, ammette sorridendo Aarti Singh, insegnante quarantenne di Lucknow.

In India il tè non è solo una bevanda: è una pausa condivisa, un piccolo ponte tra mondi diversi sotto lo stesso cielo polveroso.

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