Bologna, 26 dicembre 2025 – Due vite segnate da una diagnosi rara si sono incrociate e ora viaggiano insieme lungo un cammino che ha trovato nel cuore dell’Emilia il suo momento decisivo. Negli ultimi giorni, infatti, due pazienti affetti dalla stessa malattia genetica sono stati curati e dimessi dal Policlinico Sant’Orsola di Bologna. Parliamo di un uomo di 43 anni, sottoposto a trapianto nel 2024, e di una donna che ha lasciato il reparto proprio alla vigilia di Natale. Una semplice coincidenza? Forse no. Più probabilmente la conferma che la ricerca medica va avanti, anche quando si tratta di patologie rare.
Sant’Orsola, due diagnosi uguali
I due pazienti convivevano con la stessa malattia genetica – il nome preciso è stato mantenuto riservato su richiesta delle famiglie. Quel che emerge dagli ospedali è che si tratta di una grave alterazione metabolica, una rarità diagnosticata in pochi casi in Italia. L’uomo, originario della provincia di Forlì-Cesena, aveva scoperto la sua condizione nel 2022: i sintomi erano già avanzati quando si è rivolto agli specialisti del Sant’Orsola. La donna, invece, è entrata in cura a fine ottobre dopo mesi di esami tra Imola e Bologna. Solo dopo una serie di consulti è arrivata la conferma.
“Le malattie genetiche rare rappresentano una sfida anche per centri molto attrezzati come il nostro”, spiega il dottor Luca Bianchi, responsabile del reparto che ha seguito entrambi i pazienti. “In questi casi abbiamo dovuto mettere in moto la rete nazionale delle malattie rare per trovare la strada terapeutica più adatta”. Non un percorso facile, soprattutto perché gli standard internazionali sono ancora in fase di definizione.
Trapianto e cure mirate: le scelte mediche
Per il paziente più giovane la risposta è stata il trapianto, realizzato nella primavera del 2024 da un’équipe multidisciplinare. Un intervento lungo più di sei ore seguito da un periodo prolungato in terapia intensiva che si è rivelato fondamentale. “Le sue condizioni sono rimaste stabili sin da subito”, raccontano dall’ospedale bolognese. Da allora ha affrontato controlli ogni tre mesi e una cura su misura. “Siamo soddisfatti – aggiunge Bianchi – anche perché a un anno dall’operazione non sono emerse complicazioni importanti”.
La storia della donna è diversa. Residente nell’hinterland bolognese e più avanti negli anni (la sua età non è stata resa nota), ha ricevuto una terapia farmacologica mirata. Dopo circa sette settimane di ricovero è arrivato il via libera per tornare a casa. Proprio la mattina del 24 dicembre ha varcato la soglia del padiglione 5 accompagnata dai familiari. “Un regalo di Natale inatteso”, avrebbe detto alla coordinatrice infermieristica. Un sollievo anche per chi lavora ogni giorno tra quelle corsie.
Una malattia rara, una sfida per tutti
Il caso dei due pazienti ha attirato l’attenzione degli esperti italiani sulle malattie genetiche rare: fino a oggi, le diagnosi confermate in Italia sarebbero appena una trentina (secondo il Registro nazionale delle malattie rare). Il Policlinico Sant’Orsola è impegnato da anni in programmi internazionali dedicati alla ricerca e al supporto ai pazienti con malattie rare: “Collaboriamo con diversi centri europei per mappare le mutazioni genetiche legate a questa patologia”, spiega Bianchi. L’obiettivo a lungo termine è quello di anticipare le diagnosi con screening mirati.
Il percorso dei due pazienti resta una prova concreta delle difficoltà – ma anche della speranza – di chi si confronta con una diagnosi poco conosciuta. Quando arriva il referto diventa evidente quanto sia importante poter contare su strutture attrezzate e personale preparato. La strada però resta lunga: spesso mancano terapie definitive e i protocolli devono essere adattati caso per caso.
Un Natale diverso, ma con uno sguardo al futuro
Per l’uomo e la donna dimessi dal Sant’Orsola — oggi seguiti ambulatorialmente — comincia ora un nuovo capitolo fatto di controlli regolari, medicine e qualche timore inevitabile. “La malattia non si può cancellare, ma si può tenere sotto controllo”, assicurano i medici che li hanno curati. Nel frattempo le famiglie parlano con gratitudine dell’impegno degli operatori sanitari.
Bologna resta così un punto fermo per chi lotta contro le malattie genetiche rare: ogni paziente porta con sé una storia unica. E questa vigilia di Natale ne ha aggiunta un’altra doppia alla lunga lista delle battaglie vinte — almeno per ora — dalla medicina italiana.