Bo-Kaap, il quartiere di Città del Capo che da ghetto è diventato un arcobaleno di libertà

Bo-Kaap, il quartiere musulmano di Città del Capo che ha trasformato il dolore in arte

Lorenzo Fogli

24 Agosto 2025

Il quartiere di Bo-Kaap, con le sue facciate accese e le strade acciottolate che si arrampicano verso Signal Hill, non è solo una cartolina di Città del Capo, ma un concentrato di memoria, cultura e orgoglio. Passeggiare tra i suoi colori vividi significa entrare in contatto con secoli di storia, dal tempo in cui questo luogo era un ghetto di schiavi al suo attuale ruolo di simbolo di libertà e identità comunitaria.

La storia e perché Bo-Kaap è tutto colorato

Bo-Kaap non è sempre stato un mosaico di colori. Le sue case, oggi riconoscibili per tinte sgargianti di fucsia, giallo, verde o turchese, un tempo erano intonacate di bianco e occupate da uomini e donne che vivevano in condizioni di oppressione. Il quartiere, nel XVII e XVIII secolo, ospitava soprattutto i discendenti degli schiavi deportati a Città del Capo dalla Compagnia Olandese delle Indie Orientali, provenienti dal Sud-Est asiatico e dall’Africa orientale. Con l’emancipazione, molti rimasero in questo luogo, formando una comunità musulmana compatta che ha mantenuto tradizioni, moschee e scuole fino a oggi.

Il colore arrivò come segno di libertà. Secondo la versione più diffusa, quando gli abitanti ebbero finalmente la possibilità di possedere le loro abitazioni, scelsero di dipingerle con tinte forti, come a rivendicare con orgoglio una nuova identità. Dipingere le facciate era un atto simbolico: significava gridare al mondo di non essere più proprietà altrui. Altri studi ipotizzano che già in epoca coloniale fossero presenti tonalità pastello grazie alla calce colorata, mentre la vera esplosione cromatica si consolidò solo nel XX secolo.

Non manca un’interpretazione legata alla religione: secondo alcune fonti locali, le case venivano ridipinte in occasione delle feste dell’Eid, in segno di purificazione e rinnovamento. Al di là delle origini precise, oggi Bo-Kaap resta un manifesto vivente di resilienza, memoria e appartenenza culturale.

Cosa vedere a Bo-Kaap

La prima esperienza da vivere qui è camminare tra le sue strade: un museo a cielo aperto fatto di architettura e racconti tramandati. Dorp Street è uno dei punti più iconici, con le sue file di case che sembrano contendere la luce a colpi di colore. Lungo il percorso sorge la Moschea Auwal, fondata nel 1794, la più antica del Sudafrica e tuttora cuore pulsante della comunità musulmana.

Bo-Kaap, il quartiere musulmano di Città del Capo che ha trasformato il dolore in arte

Per chi vuole approfondire la vita quotidiana del quartiere, il Bo-Kaap Museum è una tappa imprescindibile. Allestito in una dimora del XVIII secolo, racconta con stanze semplici e arredamenti originali la condizione delle famiglie discendenti dagli schiavi, mostrando come resistenza e cultura abbiano permesso di costruire una nuova identità.

Il viaggio nel quartiere non può dirsi completo senza un assaggio della Cape Malay cuisine, una delle eredità più autentiche della comunità. Piatti speziati come curry, samosa e dolci profumati sono parte integrante della vita quotidiana e rappresentano la fusione tra radici asiatiche e africane. In ogni angolo si respira un’atmosfera che unisce spiritualità, tradizione e quotidianità.

Dove si trova e come arrivare

Bo-Kaap si trova ai piedi di Signal Hill, a pochi passi dal centro di Città del Capo. È una posizione che lo rende facilmente raggiungibile: da Long Street o dal V&A Waterfront bastano pochi minuti a piedi per trovarsi immersi tra le sue viuzze pittoresche.

Chi preferisce spostarsi in auto può noleggiarne una, anche se le strade strette e i parcheggi limitati rendono questa scelta meno pratica. In alternativa, taxi, Uber e minibus locali sono soluzioni rapide ed economiche. Visitare Bo-Kaap a piedi rimane l’opzione migliore per cogliere davvero l’essenza del quartiere, ascoltando i suoni della città e percependo i profumi delle cucine che si mescolano nell’aria.

Bo-Kaap non è solo una meta turistica, ma un quartiere vivo, che porta sulle spalle il peso del passato e lo trasforma in una celebrazione di libertà. Ogni sfumatura racconta un pezzo di storia: un tempo segnata da schiavitù e dolore, oggi proiettata verso un futuro fatto di memoria, inclusione e identità.

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