San Francisco, 7 dicembre 2025 – Salire sul California Zephyr, il celebre treno che collega la baia di San Francisco a Chicago, è stata un’esperienza che ha lasciato il segno per molti, me compresa, nell’ultimo anno. Nel 2024, nonostante i suoi limiti (solo il 51% dei convogli è arrivato in orario, dati Amtrak alla mano), il Zephyr ha confermato il suo ruolo simbolico nel raccontare la vastità e le contraddizioni degli Stati Uniti. Un viaggio di quasi 4.000 chilometri tra paesaggi in continua trasformazione, città, deserti e montagne. È proprio tra quei sedili consumati e i finestrini panoramici che tanti passeggeri riscoprono un legame profondo con l’anima del paese.
California Zephyr, un’icona che resiste alle mode
Il California Zephyr parte ogni giorno alle 9.10 dalla stazione di Emeryville, poco fuori Oakland, portando a bordo viaggiatori di tutte le età e provenienze: turisti europei con la guida in mano, studenti americani, pensionati di Denver diretti a casa. Mentre i display luminosi annunciano il prossimo treno per Sacramento, chi sale spesso ha con sé uno zaino carico di aspettative e una curiosità difficile da nascondere.
La compagnia ferroviaria Amtrak non gira intorno alla questione: “Siamo consapevoli dei ritardi e stiamo lavorando per migliorare la puntualità”, ha detto Jim Mathews, portavoce ufficiale. Eppure, anche con queste magagne, il Zephyr conserva un fascino tutto suo. I ritardi diventano momenti di socialità o spazi per pensare: c’è chi legge Steinbeck nel vagone panoramico, chi scatta foto al tramonto sulle Sierra Nevada. Sui sedili si sentono ancora conversazioni appena sussurrate in inglese, spagnolo o cinese. Tutto normale qui, dove l’America sembra ancora una frontiera da scoprire.
Un viaggio nei dettagli: paesaggi, incontri, ritardi
Attraversando la California dorata della mattina presto, lo scenario cambia già dopo pochi chilometri. Le carrozze si svuotano a Sacramento, per poi ripopolarsi a Reno, quando il treno comincia a salire verso le montagne e la connessione internet sparisce del tutto. È in quei momenti che emergono i veri protagonisti del viaggio: non solo i passeggeri – come Mary, insegnante in pensione che da vent’anni prende lo stesso treno per andare a trovare la sorella a Salt Lake City – ma anche il personale. Lawrence, capotreno da 14 anni, scherza con il cuoco nella carrozza ristorante poco dopo mezzogiorno: “Qui si vede l’America vera”, dice.
Non è tutto rose e fiori però. Nel 2024 la puntualità è rimasta un grosso problema: appena metà dei treni è arrivata rispettando gli orari previsti. La colpa? Infrastrutture vecchie e treni merci che spesso passano prima del Zephyr, costringendolo ad attese lunghe nelle stazioni più piccole. Eppure Amy, studentessa dell’Iowa al suo primo viaggio verso ovest racconta: “Fermarsi in mezzo al nulla ti obbliga a guardare fuori e a riflettere”.
L’America vista dal finestrino: suggestioni tra passato e presente
Le tappe più suggestive restano quelle tra Denver e Glenwood Springs: qui il paesaggio delle Rockies regala ancora qualche applauso spontaneo nei vagoni panoramici (il silenzio all’alba sul fiume Colorado sembra quasi trattenere il respiro). Gli appassionati di treni lo sanno bene: la linea Zephyr è una delle rotte ferroviarie più belle al mondo.
Nei lunghi tratti silenziosi capita spesso di incrociare storie strane o sorprendenti. Qualcuno viaggia per lavoro – pochi – ma la maggior parte sceglie questo treno per ritrovare lentezza o semplicemente se stessa. “Ho scelto il Zephyr perché qui ogni ora conta davvero”, dice Raul, spagnolo diretto in Illinois. E infatti: mentre fuori scorrono paesi abbandonati e praterie infinite, dentro il tempo sembra allungarsi lasciando spazio a un’America fatta di sguardi lunghi e parole misurate.
Lontani dall’efficienza: nostalgia e realtà
Il Zephyr non è certo la scelta migliore se cercate puntualità o comfort moderni. I servizi sono essenziali – pasti caldi ma semplici; sedili reclinabili ma non sempre pulitissimi – e le cabine notte chiedono una buona dose di adattamento. Forse però proprio questa imperfezione lo rende speciale agli occhi di molti: “Ti fa capire quanto sia grande e imperfetta l’America”, riflette un viaggiatore al bar della carrozza panoramica.
Quando infine si arriva alla Union Station di Chicago (spesso con qualche minuto di ritardo), resta una sensazione diffusa tra i passeggeri: quella di aver percorso non solo una distanza fisica ma un pezzo d’identità nazionale. Un viaggio fatto di pause forzate e incontri casuali che fa innamorare – anche solo per un attimo – degli Stati Uniti e del loro modo disordinato ma sincero di essere.