Mentre Transilvania, Ungheria e Romania si contendono da decenni il primato nella leggenda dei vampiri, un piccolo villaggio della Serbia rilancia la propria candidatura come patria del primo “succhiasangue” della storia. Kisiljevo, località a un centinaio di chilometri a est di Belgrado, sostiene infatti di essere il luogo dove tutto ebbe inizio, ben prima di Dracula o della contessa Bathory. Una mossa che intreccia folklore, identità e ambizioni turistiche.
La leggenda di Kisiljevo ruota intorno alla figura di Peter Blagojevic, contadino che – secondo i racconti – morì all’inizio dell’estate del 1725 e, subito dopo, cominciò ad apparire nei sogni (e negli incubi) dei compaesani, fino a essere accusato di uscire dalla tomba per uccidere. Gli abitanti decisero di dissotterrarlo e ciò che videro li sconvolse: il corpo appariva intatto e, quando fu trafitto con un paletto di biancospino, cominciò a sanguinare. Lo ha raccontato Mirko Bogicevic, ex sindaco e biografo ufficioso del villaggio, che ancora oggi difende la veridicità del racconto.
Blagojevic, probabilmente uomo comune della zona, finì protagonista persino del Wienerisches Diarium, la gazzetta ufficiale del tribunale viennese, che nel luglio del 1725 dedicò un articolo al caso. Quel documento, conservato e mostrato ancora oggi con orgoglio, rappresenta la prima traccia scritta del vampirismo moderno. Per alcuni, però, si tratterebbe di un enorme equivoco.
Clemens Ruthner, docente al Trinity College di Dublino, sostiene che l’intera leggenda potrebbe derivare da un errore di traduzione. Secondo lo studioso, i medici e i militari austriaci presenti interpretarono male una parola slava: “Upior”, che significa genericamente “persona malvagia”, fu fraintesa come “Upyr”, ovvero “vampiro”. Da lì sarebbe nata la narrazione sovrannaturale, alimentata da paure e superstizioni popolari.
Per lungo tempo il caso fu dimenticato. Solo recentemente gli abitanti di Kisiljevo hanno riscoperto la presunta tomba di Blagojevic, trasformandola in un elemento identitario e in un potenziale volano per il turismo. Dajana Stojanović, direttrice dell’ufficio turistico locale, non ha dubbi: “Il potenziale è enorme. Non c’è solo la storia di Blagojevic, ma anche la tradizione della magia valacca, le leggende di ogni villaggio”. La sfida è lanciata a Transilvania e Romania.
Ma Blagojevic era davvero un vampiro? Ruthner invita alla cautela e propone una lettura alternativa: forse l’epidemia di antrace che colpì l’area nel XVIII secolo potrebbe spiegare quelle morti improvvise. “Il vampirismo – spiega – è un pensiero magico: quando non si conoscono le cause, si dà la colpa a una figura temuta. La stregoneria e il vampirismo servivano per spiegare fenomeni collettivi come le epidemie”.
Che si tratti di suggestione collettiva o di marketing territoriale, il mito del vampiro di Kisiljevo è tornato a vivere. E nel dubbio, gli abitanti del villaggio tengono sempre in casa una bottiglia di Rakia all’aglio. Non si sa mai.
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