Negli ultimi anni, un fenomeno ha catturato l’interesse di molti viaggiatori e fotografi: l’Urbex, abbreviazione di Urban Exploration. Questo trend, che si è diffuso in tutto il mondo, nasce dalla voglia di esplorare luoghi abbandonati, carichi di storia e di un fascino decadente. Originario di Europa e Nord America, l’Urbex ha conquistato un pubblico sempre più vasto, attirando coloro che cercano esperienze uniche e avventurose.
Perché l’Urbex sta spopolando
L’attrazione per i luoghi abbandonati è alimentata dalla loro esclusività. Essendo spesso spazi vietati o difficilmente accessibili, l’esplorazione di tali luoghi diventa un’attività avvincente. La community degli urbexer è molto attenta a non divulgare dettagli sui luoghi esplorati, per proteggerli da vandalismi e saccheggi. Questi appassionati mostrano un profondo rispetto per l’architettura e la storia degli ambienti che visitano, spesso dimenticati dai loro stessi proprietari.
Inoltre, il contrasto tra il degrado e la bellezza naturale, che riconquista lentamente questi spazi, offre opportunità fotografiche straordinarie. Molti urbexer sono fotografi che cercano di catturare l’essenza di questi luoghi, dando vita a immagini che raccontano storie di un passato glorioso ora in rovina. Da qui nasce il termine “ruin porn”, un fenomeno che celebra la bellezza del deterioramento.
Il fascino del “ruin porn”
Il concetto di “ruin porn” è legato alla documentazione visiva dei luoghi abbandonati. Secondo il sito italiano di Urbexology, questa pratica ha un obiettivo educativo: studiare e documentare l’architettura dimenticata, sensibilizzando il pubblico sull’importanza culturale e storica di questi spazi. Le regole non scritte della community includono il motto “Take nothing but pictures, leave nothing but footprints”, un invito a rispettare i luoghi e a non portare via nulla.
Questo approccio si distacca nettamente dal vandalismo, poiché gli urbexer si pongono come custodi della storia e della memoria di questi luoghi. L’idea è di preservare la loro esistenza attraverso la fotografia, creando un archivio visivo che possa ispirare altri a rispettare e valorizzare il patrimonio architettonico abbandonato.
Il fenomeno Urbex in Italia
L’Italia è ricca di luoghi abbandonati, con circa 2500 siti documentati dalla community di Urbex. L’hashtag #urbexitalia conta migliaia di post su Instagram e TikTok, mostrando edifici carichi di storia. Tra i luoghi più noti ci sono:
- Ex ospedale psichiatrico di Volterra – Famoso per la sua architettura e i graffiti di Oreste Fernando Nannetti.
- Ospedale psichiatrico di Mombello – Un vasto complesso abbandonato vicino Milano.
- Manicomio di Colorno – Con i suoi corridoi inquietanti e atmosfere suggestive.
- Villa De Vecchi a Lecco – Conosciuta come “Villa Rossa”, avvolta da leggende e misteri.
- Borgo abbandonato di Craco – Un antico villaggio medievale diventato set cinematografico.
Questi luoghi rappresentano non solo il patrimonio architettonico italiano, ma anche un grande interesse per gli esploratori urbani.
È illegale fare Urbex?
La legalità dell’Urbex è un tema complesso. In Italia, accedere a proprietà private senza permesso è considerato illegale, secondo l’articolo 633 del Codice penale, che riguarda l’invasione di edifici. La legalità dipende dalla condizione di abbandono del luogo e dalla capacità di dimostrare che il proprietario non esercita alcun controllo.
Paola Fontana, giornalista e appassionata di Urbex, avverte: “In realtà, fare Urbex è sempre considerato illegale perché un proprietario esiste sempre, anche se non si occupa del luogo”. Molti luoghi esplorati possono presentare rischi significativi, come crolli e pericoli vari. Pertanto, è fondamentale essere adeguatamente equipaggiati, indossando abbigliamento e attrezzatura appropriati.
La crescente popolarità dell’Urbex ha portato a un aumento del numero di esploratori e della consapevolezza riguardo ai rischi e alle responsabilità connesse a questa pratica. La comunità degli urbexer è unita dalla passione per la scoperta e dalla volontà di preservare la memoria di luoghi che, altrimenti, sarebbero destinati all’oblio.