Sciopero Giornalisti Italiani 28 Novembre: Cause, Richieste e Reazioni degli Editori

Giulia Ruberti

28 Novembre 2025

Roma, 28 novembre 2025 – Fin dalle prime ore del mattino, le **redazioni dei principali quotidiani italiani** sono rimaste inspiegabilmente silenziose. **Giornaliste e giornalisti** di tutta Italia hanno deciso di incrociare le braccia, aderendo allo sciopero nazionale indetto dalla **Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi)**. La protesta, fissata per oggi, nasce da una serie di problemi che, secondo il sindacato, mettono a rischio la stessa sopravvivenza del mestiere.

## **Tagli, precarietà e diritti: perché si sciopera**

Le ragioni della protesta, spiegano i rappresentanti della Fnsi, si concentrano su tre questioni principali: **precariato crescente**, **tagli nei posti di lavoro** e il progressivo indebolimento delle **tutele contrattuali**. “La situazione è diventata insostenibile”, ha detto al telefono Giuseppe Giulietti, ex presidente del sindacato, poco prima dell’assemblea in via delle Botteghe Oscure. Il riferimento è ai numerosi piani di ristrutturazione partiti in diversi gruppi editoriali nell’ultimo anno: alcune testate hanno annunciato esuberi; altre hanno attivato contratti di solidarietà; molte da tempo affidano la produzione dei contenuti a collaboratori esterni pagati spesso pochi euro a articolo.

Il clima nelle redazioni è teso. “Non è più solo una questione di stipendio”, confida una cronista di un grande quotidiano nazionale. “È una questione di dignità e qualità dell’informazione”. La sensazione diffusa tra chi sciopera è che il giornalismo stia diventando un lavoro per pochi privilegiati, con sempre meno spazio per i giovani e per chi non arriva da strade tradizionali.

## **Dalla parte degli editori: “Scelte difficili ma inevitabili”**

Dall’altra parte, le **associazioni degli editori**, tra cui la Fieg (Federazione Italiana Editori Giornali), hanno risposto con una nota diffusa ieri sera. I vertici delle maggiori case editrici parlano di un quadro economico fragile, aggravato dalla trasformazione digitale e dalla concorrenza delle piattaforme online. “Il mercato cambia ogni giorno”, dicono i rappresentanti Fieg. L’obiettivo è garantire la sopravvivenza economica delle testate anche se questo significa rivedere modelli produttivi e organici.

Dietro queste scelte c’è la consapevolezza che il calo costante delle vendite dei giornali cartacei (un trend in atto da oltre dieci anni) e la diminuzione degli introiti pubblicitari stanno spingendo gli editori a ripensare l’intera filiera. Però – sottolineano diversi direttori contattati nelle ultime ore – la crisi non può essere pagata solo dai giornalisti. “Serve un patto nuovo: responsabilità condivisa tra chi fa informazione e chi la finanzia”, ha detto Marco Tarquinio, direttore uscente di Avvenire.

## **Numeri impietosi: cosa dice l’INPGI**

Al centro della protesta ci sono i dati. Secondo l’**INPGI**, l’istituto previdenziale dei giornalisti, negli ultimi cinque anni gli iscritti sono calati del 14%. Le collaborazioni autonome oggi rappresentano più del 40% dei contratti nel settore media italiano. Un segnale chiaro di precarietà diffusa: molti freelance guadagnano raramente più di 500 euro netti al mese, spesso senza nessuna garanzia in caso di maternità o malattia.

Non solo numeri freddi. Stamattina tra via Solferino (sede del Corriere) e Largo Fochetti (La Repubblica) sono arrivate testimonianze che parlano di turni ridotti all’ultimo minuto, stipendi tagliati anche a chi ha anni d’esperienza e un ricambio generazionale bloccato. “I giovani arrivano, fanno stage non pagati e poi se ne vanno. Questo settore rischia davvero il collasso”, ha spiegato un sindacalista durante il presidio davanti a Montecitorio.

## **Le richieste urgenti e cosa succederà dopo**

Le **richieste** del sindacato puntano a pochi ma fondamentali punti: più tutele per i rapporti stabili, riconoscimenti economici giusti per collaboratori e freelance, investimenti nella formazione e nuovi progetti editoriali. “Non possiamo accettare che la qualità dell’informazione diventi il primo sacrificio”, ha detto Alessandra Costante, segretaria generale Fnsi.

Contemporaneamente si chiede al governo – finora assente dal dibattito pubblico sulla stampa – di mettere mano con provvedimenti concreti per sostenere il pluralismo dell’informazione e accompagnare la transizione digitale. Da Palazzo Chigi nessun segnale nelle ultime 24 ore.

Il rischio reale è che questa crisi lasci una stampa più debole e accessibile solo a chi se la può permettere. Le redazioni vuote di oggi sono un avvertimento chiaro: serve una risposta urgente – non solo dagli editori ma da tutto il Paese – perché non si può più aspettare.

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