Non era una fuga. Non cercavo risposte, né illuminazioni. Volevo solo camminare da sola. La scelta dell’Umbria e del Cammino dei Borghi Silenti è stata naturale per il mio primo viaggio in solitaria. Si tratta di un percorso che si snoda attraverso paesaggi incantevoli, ben lontano dalla frenesia quotidiana. Novanta chilometri da percorrere in quattro giorni, con uno zaino pesante sulle spalle, una guida cartacea, una borraccia e un desiderio intenso di silenzio. Un silenzio profondo, risuonato dai rumori della natura: il fruscio delle foglie, il canto degli uccelli, il vento che sussurra tra gli ulivi. Un silenzio che riesce a farsi sentire più forte di qualunque voce.
Il cammino dei borghi silenti
Il Cammino dei Borghi Silenti è un percorso ad anello che abbraccia i monti Amerini, nella provincia di Terni. Questo itinerario attraversa paesini remoti e affascinanti, a volte quasi disabitati, come Morruzze, Toscolano, Melezzole, Acqualoreto e Civitella del Lago. Alcuni di questi borghi non contano nemmeno sette abitanti. Immaginate di trovarvi in un luogo dove è più facile incontrare un cinghiale che un altro camminatore. Una condizione che, in un’epoca di connessione costante, può sembrare inusuale eppure incredibilmente liberatoria.
Ho deciso di intraprendere questa avventura non solo per staccare dalla quotidianità, ma anche per ascoltarmi. Volevo sentire il ritmo dei miei passi e il silenzio che emerge quando non ci sono distrazioni come la musica nelle orecchie o le notifiche sul telefono. Ho preso una decisione chiara: niente podcast, audiolibri o playlist. Solo il suono del cammino e il respiro.
L’importanza della flessibilità
Ho programmato il mio viaggio per la fine di marzo, in bassa stagione. Questa scelta si è rivelata vincente: ho incontrato pochissime persone, e per giorni interi non c’era alcun essere umano nel raggio visivo. Solo qualche gatto curioso, un contadino in lontananza e una mappa da seguire, spesso senza segnale sul telefono. Questa situazione, impensabile al giorno d’oggi, ha avuto un effetto rasserenante. Niente Google Maps, niente chat. Solo il mio istinto, la mia memoria e la capacità di orientarmi.
Uno degli aspetti più affascinanti del camminare in solitaria è la necessità di adattarsi. Non avere tutto sotto controllo è una sfida, soprattutto per chi, come me, è abituata a pianificare ogni dettaglio. Ecco alcune delle sfide che ho affrontato:
- Meteo: Ho dovuto modificare l’itinerario più volte, allungandolo per evitare sentieri fangosi e scivolosi.
- Imprevisti: Un giorno, dopo ore di cammino, sono giunta in uno di questi borghi sperduti, affamata e desiderosa di un caffè, ma era lunedì e tutto era chiuso.
In quel momento, ho incontrato uno dei pochi abitanti del borgo, un uomo anziano che mi ha offerto un caffè e una conversazione. Mi ha raccontato che non aveva mai lasciato quel paese in tutta la sua vita. La chiacchierata con lui si è rivelata più saziante di qualsiasi pasto, ricordandomi che i cammini non sono solo fisici ma anche umani.
Riscoprire se stessi
Fare un cammino in solitaria ti mette a confronto con i tuoi limiti, ma ti insegna anche una lezione fondamentale: la flessibilità è essenziale per la sopravvivenza. È la capacità di accogliere l’imprevisto senza farsi sopraffare. In un mondo in cui abbiamo sempre tutto a disposizione, camminare da soli ti riporta all’essenziale. Scopri di avere già tutto ciò di cui hai bisogno, ma spesso è sepolto sotto ciò che non serve.
Quando sei sola e cammini, il corpo diventa il tuo unico alleato. Ogni dolore ha un nome, ogni passo è un atto di fiducia. In questo spazio, non dobbiamo essere produttivi, possiamo semplicemente essere noi stessi. È in questi momenti che affiorano idee nuove e connessioni inaspettate.
Non è necessario scalare montagne o affrontare trekking estremi. Anche un weekend dedicato al cammino, lontano dalle distrazioni, può essere trasformativo. Fare un cammino in solitaria non è un’impresa impossibile, ma una scelta di presenza. Affrontare l’ignoto e la propria vulnerabilità è ciò che rende l’esperienza così unica e profonda. Durante il Cammino dei Borghi Silenti, ho imparato che a volte basta mettere un piede davanti all’altro, respirare e fidarsi del processo.