Nel cuore dell’Appennino lucano, un paese dimenticato per decenni sta rinascendo grazie a viaggiatori, artisti e nuovi residenti.
Nascosto tra i boschi della Basilicata, ai piedi delle Dolomiti lucane, Campomaggiore Vecchio è stato per anni solo un nome sulle mappe, un punto spento su cartelli scoloriti. Nessuno ci abitava più da oltre mezzo secolo. Poi qualcosa è cambiato. A partire dal 2020, una serie di iniziative ha riaperto sentieri, rimesso in sicurezza le prime case e attirato viaggiatori curiosi, camminatori, fotografi e artisti in cerca di luoghi autentici. Oggi il paese fantasma è tornato a parlare. Le sue pietre rotte, le chiese senza tetto, i muri diroccati che guardano la valle, sono diventati parte di un racconto nuovo, vivo, anche se ancora fragile.
Campomaggiore Vecchio si trova in provincia di Potenza, a 830 metri d’altitudine. Venne costruito nel Settecento, progettato con criteri urbanistici all’avanguardia per l’epoca, ma fu abbandonato dopo una frana devastante nel 1885. Gli abitanti si spostarono più a valle e fondarono il nuovo centro abitato, Campomaggiore Nuovo, lasciando alle spalle un’intera comunità, compresa la chiesa madre e le strade lastricate. Oggi, tra le macerie, crescono fichi selvatici e ortiche, ma anche nuove idee.
Tra rovine e futuro: cosa sta accadendo davvero a Campomaggiore Vecchio
Il primo passo verso la rinascita è arrivato nel 2016, quando l’amministrazione comunale ha ottenuto un finanziamento per rendere accessibile l’area e installare un sistema di sicurezza che permettesse la visita dei ruderi. Da allora, ogni estate, si svolge “Città dell’Utopia”, un progetto teatrale immersivo che utilizza le rovine del paese come scenografia naturale. Centinaia di spettatori partecipano a spettacoli notturni tra muri cadenti e strade interrotte, trasformando il silenzio di Campomaggiore in una forma di narrazione viva.

Nel 2023, una giovane architetta originaria di Matera ha avviato, insieme a un collettivo di artisti locali, un laboratorio di residenze culturali all’interno di alcune strutture parzialmente recuperate. Sono tornate le luci, seppur deboli. Gli ospiti dormono in strutture prefabbricate a energia solare, cucinano insieme, lavorano alla realizzazione di opere site-specific. Le opere vengono lasciate nel borgo, diventano parte dello spazio, senza cartelli o protezioni.
A luglio 2024 è stato inaugurato un percorso naturalistico che collega Campomaggiore Vecchio al Parco di Gallipoli Cognato. Il sentiero, lungo circa 6 chilometri, attraversa boschi fitti, muretti a secco e aperture con vista sulla valle del Basento. Lungo il tracciato sono stati installati punti di sosta in legno, con citazioni tratte dalle lettere dei vecchi abitanti, recuperate negli archivi comunali. I viaggiatori leggono frammenti di memoria, camminando tra ciò che resta e ciò che potrebbe tornare.
Chi arriva fin qui, e perché lo fa
Il turismo che sta dando nuova linfa a Campomaggiore Vecchio non è quello del weekend veloce, né delle grandi folle. Sono in gran parte italiani, ma arrivano anche gruppi da Francia, Germania, Olanda. Alcuni scoprono il borgo cercando “luoghi abbandonati in Italia” su Google, altri leggendo blog sul turismo lento, altri ancora lo incontrano per caso, seguendo itinerari tra Matera e le Dolomiti lucane.
Nel 2025, secondo i dati forniti dall’APT Basilicata, oltre 12.000 persone hanno visitato l’area durante i mesi estivi. È un numero piccolo rispetto alle città d’arte, ma enorme per un paese senza residenti ufficiali. La maggior parte dei visitatori si ferma nel borgo nuovo, dove sono nati due b&b, una bottega di prodotti locali e una piccola guida cartacea curata da volontari. Altri optano per la sosta nei rifugi del vicino Parco di Gallipoli Cognato.
Le motivazioni del viaggio sono diverse. C’è chi cerca luoghi senza tempo, chi vuole fotografare l’architettura in rovina, chi è spinto dalla storia. Alcuni raccontano che la visita a Campomaggiore Vecchio “fa riflettere su quanto può svanire, e su ciò che può restare”. Il borgo, in fondo, non è tornato a vivere nel senso classico. Non ci sono scuole, né negozi, l’acqua corrente arriva da serbatoi mobili, e il silenzio resta la voce più forte. Ma le finestre non sono più tutte vuote. E alcune porte, anche se solo per poche settimane l’anno, si riaprono.