Viaggio nel deserto del Gobi in Mongolia: alla scoperta dei confini della libertà

Giulia Ruberti

25 Novembre 2025

Milano, 25 novembre 2025 – Perdere tutto per ritrovare ciò che conta davvero. È questo il cuore pulsante della nuova opera che ieri sera ha preso vita sul palco del **Teatro Parenti**. Un pubblico attento, fatto soprattutto di giovani e di alcune figure note nel panorama culturale milanese, ha seguito con silenzio e coinvolgimento la prima dello spettacolo firmato da **Francesca Romana Di Girolamo**. La pièce nasce da un racconto di formazione che, come spiegano gli autori, “parla di tutti noi, di come ci ritroviamo dopo aver perso la strada”.

## **Il viaggio che spoglia e poi ricostruisce**

La storia – uno spettacolo di un’ora e cinquanta minuti – ruota attorno a **Giulia**, una trentenne che, dopo la perdita improvvisa di lavoro e casa, decide di attraversare l’Europa senza una meta precisa. In scena pochi oggetti: una valigia, una vecchia radio e alcune fotografie sparse sul pavimento. Elementi semplici ma scelti con cura dalla regista per “concentrare l’attenzione sul minimo indispensabile, su quello che resta quando sembra svanire tutto”.

Durante la messa in scena, il palco cambia continuamente: da stazione ferroviaria a dormitorio improvvisato fino a un bosco immerso nel buio della notte. Le luci giocano un ruolo fondamentale – fredde e taglienti nella prima parte, calde e sfumate nella seconda. Solo allora emergono i veri temi della storia: la solitudine, la paura e infine la ritrovata voglia di comunità. Tutto raccontato con pochi tocchi musicali e dialoghi asciutti ma carichi di significato.

## **Un pubblico che si è riconosciuto**

“Non volevamo parlare solo della perdita,” ha detto Di Girolamo al termine dello spettacolo durante il breve incontro con la stampa. “Ci interessava mostrare quel momento in cui capisci che ciò che conta è già davanti a te”. Le circa 250 persone in sala hanno risposto con un applauso lungo e sentito. All’uscita alcuni si sono fermati a parlare davanti al teatro. “Mi sono riconosciuta in Giulia,” ha confidato **Sara Pelliccioli**, studentessa universitaria, “quella sensazione di smarrimento l’ho provata anch’io”.

Un uomo sulla cinquantina ha invece sussurrato a un amico: “Quando perdi tutto, inizi davvero a vedere cosa c’è intorno a te senza distrazioni”. Intercettata verso le 22.40 nel foyer, la regista si è detta soddisfatta: “Il rischio era sembrare troppo astratti o didascalici. Invece il messaggio è passato forte”.

## **Tra letteratura e ricordi personali**

La trama si ispira a molti racconti di viaggio – da **Kerouac** a **Herta Müller** – ma affonda le radici anche nella vita dell’autrice stessa. “Ho attraversato un periodo complicato qualche anno fa,” ha rivelato Di Girolamo senza scendere nei dettagli. “Solo allora ho capito cosa mi serviva davvero per andare avanti”. È proprio questo legame sottile tra esperienza personale e narrazione scenica a dare forza al testo.

L’allestimento – firmato da **Marco Mariani** – punta all’essenziale mentre la colonna sonora curata da **Cristina Ceriotti** crea un’atmosfera sospesa. Piccoli dettagli come il rumore delle stazioni ferroviarie tedesche registrato o il profumo del caffè caldo diffuso all’ingresso riportano lo spettatore dentro esperienze vissute o immaginate.

## **Domande rimaste aperte**

La serata si è conclusa con una chiacchierata informale tra alcuni spettatori e gli attori nel bar interno del teatro. Qualcuno ha chiesto perché Giulia non tenti mai di ricostruire ciò che ha perso, preferendo invece lasciar andare tutto. “Forse non c’è una risposta unica,” ha detto l’attore Marco Falzone. “A volte serve perdere ogni cosa per tornare a vedere davvero cosa conta”.

Nel foyer rimaneva ancora il profumo intenso del caffè e qualche programma stropicciato sulle sedie vuote. Era quasi mezzanotte quando ognuno è tornato alla realtà portando con sé qualche domanda nuova e lo sguardo rivolto altrove.

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