Pennisi (Catania), 14 dicembre 2025 – Dopo più di sette anni dal terremoto che aveva squarciato l’abside e ridotto in macerie l’altare maggiore, la chiesa di Santa Maria del Carmelo a Pennisi ha riaperto le porte a fedeli e curiosi. Questa mattina, nel cuore della piccola frazione di Acireale, è tornato a vivere un luogo che i residenti aspettavano da tempo. Tra speranze incerte e tanta pazienza, quel giorno è finalmente arrivato.
Santa Maria del Carmelo, la ferita che comincia a rimarginarsi
Era l’alba del 26 dicembre 2018, alle 3.19, quando la terra tremò sotto i piedi dei tremila abitanti di Pennisi. Quel terremoto, scatenato da una nuova eruzione dell’Etna, aveva danneggiato molte case. Ma a far notizia era stata soprattutto la chiesa madre. “Non c’era più il soffitto sopra l’altare, solo polvere e uno squarcio nel muro”, ricorda ancora con emozione Salvatore Romano, sagrestano da quasi vent’anni. Da allora le messe si sono celebrate in una tensostruttura piazzata nella piazza principale: fredda d’inverno, afosa d’estate, con sedie messe alla meglio e una croce di legno intagliata alla buona. “Era meglio di niente, ma ci mancava la nostra chiesa”, confida una parrocchiana mentre sistema i ceri prima della funzione.
Sette anni tra attesa e lavori difficili
Ricostruire non è stato semplice né veloce. Prima si è messo in sicurezza l’edificio storico – risalente al XVII secolo con il suo intonaco bianco e i mattoncini a vista – poi sono arrivati i fondi: il grosso dai soldi della Protezione Civile Regionale e dalla Curia di Acireale, con un contributo speciale della Conferenza Episcopale Italiana. In cantiere si sono alternate squadre di restauratori e imprese edili. Tra polvere di calcinacci e lunghi silenzi spezzati dal rumore del martello pneumatico, solo negli ultimi mesi il lavoro ha preso davvero ritmo. Il portone principale ora si apre più spesso: dentro, le statue dei santi – miracolosamente intatte – sono state pulite con cura maniacale.
“Ci sono voluti quasi cinque milioni di euro in tutto, ma ne è valsa la pena”, spiega il parroco don Giuseppe Lombardo. La priorità? Rafforzare la struttura contro i terremoti senza rinunciare al fascino originale. Le colonne tortili dell’altare e il pavimento in marmo nero sono stati rimessi esattamente come prima: “Abbiamo seguito i disegni antichi e le foto scattate prima del sisma”, conferma l’architetto incaricato.
Più di una chiesa: un simbolo per Pennisi
La riapertura della chiesa di Santa Maria del Carmelo non è solo un evento religioso. Per gli abitanti è un segno concreto che la ferita lasciata dal terremoto comincia a chiudersi davvero. Questa mattina alla cerimonia c’erano oltre quattrocento persone: molte con una candela in mano, altre con fiori di carta da mettere sull’altare nuovo. Non sono mancati momenti intensi – occhi lucidi tra le file – né gli interventi delle autorità. “Il cuore sociale di Pennisi passa anche da qui”, ha detto il sindaco Stefano Alì portando il saluto dell’amministrazione acese. Accanto a lui il vescovo monsignor Antonino Raspanti ha benedetto il portone restaurato: “Solo insieme possiamo davvero rialzarci”, ha detto davanti ai microfoni.
Memoria e rinascita tra orgoglio e prudenza
Ora, nelle navate tornate a splendere – luci soffuse e vetrate ripulite –, si sente un’aria nuova, quasi di liberazione. Ma non tutti hanno dimenticato le notti passate in auto o nelle tende della Protezione Civile dopo quella terribile scossa. “Riaprire la chiesa non significa che tutto sia tornato come prima”, ricorda una volontaria della Caritas mentre distribuisce panettoni fuori dal sagrato. Eppure le campane che suonano a festa riportano alla normalità. Dopo la funzione gli anziani si fermano in piazza; qualcuno racconta storie del terremoto del 1984 (“allora bastarono sei mesi per sistemare la canonica”), altri scattano foto ai nuovi dipinti nella cappella laterale.
Per chi vive a Pennisi – dai ragazzi della catechesi alle coppie sposate qui – questa riapertura resta un momento carico di significato: memoria del dolore passato ma anche prova tangibile della forza siciliana di rialzarsi dopo ogni tempesta.