Roma, 21 dicembre 2025 – L’avvocato Marco Santini, 48 anni, è tornato ieri mattina in tribunale, ma questa volta come testimone, non come indagato. Si è presentato davanti alla corte di piazzale Clodio a Roma per raccontare cosa ha passato nel caso che, pochi mesi fa, lo aveva travolto con l’accusa di abusi su una cliente – un’accusa che si è poi rivelata infondata. Una prova dura, che Santini ha confessato ai giornalisti subito dopo l’udienza: “Ha lasciato segni profondi, sia personali che professionali”.
“Troppa gente è finita nel tritacarne”: la testimonianza dell’avvocato
“Ci sono colleghi e persone comuni finite dentro un vero e proprio tritacarne mediatico e giudiziario senza prove”. Così Santini si è sfogato con i cronisti all’uscita dal palazzo di giustizia. Ha aggiunto: “In tanti hanno detto bugie, a volte solo per interesse personale”. Il riferimento è alla vicenda che lo ha coinvolto tra luglio e settembre scorsi: una denuncia per presunti abusi avanzata da una giovane donna, sua cliente dallo studio legale dove lavora dal 2003.
Dalle indagini guidate dal pubblico ministero Paola Rossi è emerso che le accuse sono cadute in poco tempo. Nessun elemento concreto nei messaggi analizzati dalla polizia postale, nessun testimone chiave a confermare. Un dettaglio importante – l’assenza di prove – che però non ha fermato la diffusione della notizia su media locali e social network. In quei giorni il nome di Santini era ovunque: nei corridoi del Foro se ne parlava sottovoce, qualcuno lo dava già per colpevole.
“Ho passato settimane surreali”, racconta l’avvocato ripercorrendo quei giorni davanti al giudice. “Solo quando sono usciti gli atti dell’archiviazione alcuni hanno cominciato a cambiare idea. Altri invece continuano a guardarti con sospetto”.
Una vicenda che mette in luce i limiti del sistema
Il caso Santini ha scosso non solo gli avvocati, ma anche il Consiglio dell’Ordine di Roma. “Non possiamo permettere che chiunque venga trattato come colpevole prima ancora che la giustizia faccia il suo lavoro, solo sulla base di una segnalazione o denuncia”, ha detto ieri il presidente dell’Ordine capitolino, Laura Bellini. Bellini ha chiesto più protezione per i professionisti coinvolti in situazioni delicate: “Bisogna essere più cauti nel diffondere le informazioni e tutti devono prendersi responsabilità”.
Santini concorda pienamente: “Chi racconta i fatti deve stare attento alle parole – ha ribadito con decisione – perché quando l’onda ti travolge non torni più indietro”. La questione fa discutere anche le associazioni dei penalisti, che chiedono regole più chiare sulla pubblicità degli atti e sulla difesa della reputazione in casi simili.
Effetti personali e ricadute sul lavoro
“Mi sono sentito solo nel giro di poche ore”, spiega ancora Santini. Nei giorni dopo la denuncia il telefono dello studio squillava meno del solito; alcuni clienti hanno messo tutto in pausa “in attesa di capire meglio”, altri hanno manifestato solidarietà solo in privato. “Lo stigma resta”, ammette l’avvocato, “anche quando vieni assolto”.
Anche la famiglia – la moglie Elena e due figli adolescenti – ha passato settimane difficili e cariche di tensione. A scuola qualcuno ha chiesto ai ragazzi se le voci fossero vere. “La cosa che più mi ha colpito”, confida Santini, “è stato vedere quanto soffrisse la mia famiglia: nessuno pensa mai davvero alle conseguenze su chi ti sta vicino”.
“Non sono il solo”: altri casi sotto osservazione
La storia di Santini non è un caso isolato. Nel corso dell’anno appena passato, secondo dati raccolti dall’Unione Camere Penali Italiane, almeno altri sette avvocati in Italia sono stati coinvolti in indagini poi archiviate per mancanza di prove. Spesso – come emerge da un recente rapporto del Ministero della Giustizia – il danno d’immagine pesa più delle accuse formali. In queste situazioni la macchina mediatica corre davanti ai tribunali.
Santini spera che la sua esperienza serva da avvertimento. “Vorrei solo che questa storia portasse a riflettere”, dice uscendo dal tribunale sotto una pioggia leggera sui gradini di piazzale Clodio. “La presunzione di innocenza non può restare soltanto un principio scritto”.
Avvocato, abusi, giustizia, tritacarne mediatico, Roma: queste parole hanno acceso dibattiti tra professionisti e cittadini nelle ultime settimane. Ma dietro ogni caso ci sono persone vere, famiglie e vite ben lontane dalle carte dei processi.