Tashkent, 27 dicembre 2025 – Chi arriva in Uzbekistan – che sia un viaggiatore navigato, un turista distratto, un archeologo o semplicemente un curioso – si trova spesso a fare i conti con una vera e propria questione di colori: il blu. Lo ritrovi sulle cupole della Mir-i Arab Madrasah di Bukhara, sulle superfici smaltate del minareto Kalta Minor a Khiva, eppure ogni volta lo sguardo si ferma, incerto, sospeso tra sfumature diverse: cobalto, turchese, lapislazzuli. Una tavolozza ampia, che si svela poco a poco e lascia molti visitatori a chiedersi perché questo colore sia così presente, così netto eppure mai scontato.
Il blu che domina l’Asia centrale
Nelle città lungo l’antica Via della Seta, da Samarcanda a Bukhara, il blu è il protagonista incontrastato delle architetture. Non è solo una scelta di stile. “Il blu rappresentava il cielo e l’infinito”, racconta Ulugbek Rakhimov, guida locale che accompagna da anni gruppi tra le piastrelle smaltate del Registan. Basta alzare gli occhi sulle cupole di Tillya Kori o sulle facciate della madrasa Sher-Dor per essere circondati da tonalità che vanno dal celeste chiaro, quasi trasparente, al blu intenso. Spesso le piastrelle sono fatte con polvere di lapislazzuli – arrivata dall’Afghanistan vicino –, un dettaglio che parla di scambi antichi e rotte commerciali millenarie.
Le cupole di Bukhara: ceruleo carico di storia
A Bukhara, la cupola della Mir-i Arab Madrasah domina il paesaggio nelle prime ore del mattino. Tra le 7 e le 8, la luce invernale fa risaltare quel blu ceruleo delle sue piastrelle come poche altre volte. “Qui il blu è una tradizione”, confida Rahima Ismailova, storica dell’arte uzbeka. “È un modo per segnare il passaggio dalla terra al cielo.” La madraza, costruita nel XVI secolo, richiama pellegrini e turisti da ogni parte del mondo. Molti restano fermi davanti al portale centrale per minuti interi, quasi immobili. “Cercano di capire se quel colore è sempre lo stesso”, sorride Rahima. Ma in realtà la luce fa cambiare tutto: verso mezzogiorno tende al giallo, mentre verso sera si fa più scuro.
Il mistero azzurro del Kalta Minor a Khiva
A Khiva, sospesa tra deserto e mura di fango cotto, c’è un vero enigma in blu nel cuore della città vecchia: il minareto Kalta Minor. Qui la decorazione in ceramica ha un’intensità quasi irreale – soprattutto al tramonto, quando il sole cala dietro le torri della cittadella. Il minareto non è mai stato completato (doveva superare i 70 metri ma si è fermato poco oltre i 29), ma colpisce proprio per quella fascia continua di piastrelle color cobalto-teal, come la definiscono alcune guide in inglese. “Volevano lasciare un segno visibile da lontano”, spiega Shavkat Nazarov, custode del sito. E forse ci sono riusciti: nelle foto dei visitatori – scattate a qualsiasi ora con smartphone o reflex – quel blu diventa subito il protagonista.
Samarcanda e i segni del tempo nel blu
A Samarcanda il blu non passa inosservato. “È la firma della città”, dice una ragazza seduta sui gradini del mausoleo di Gur-e Amir alle 16 di un pomeriggio qualunque. Ogni angolo regala scorci su piastrelle turchesi e motivi floreali – alternati a scritte in caratteri cufici – che si rincorrono lungo le volte. I residenti si fermano a osservare i restauratori all’opera; qualche studente universitario spiega ai turisti che “le antiche fornaci usavano metodi diversi per ottenere queste sfumature; ogni blu è unico”. Camminando tra i mausolei del Shah-i-Zinda ci si accorge subito: nessuna superficie è identica all’altra.
Blu oltre le cartoline: radici profonde
Per gli uzbeki, il blu non è solo un’eredità storica o uno sfondo perfetto per i social network. Nei mercati di Tashkent, soprattutto tra le 10 e le 12 quando la folla si stringe attorno alle bancarelle delle spezie, non è raro vedere piatti e ciotole smaltate con disegni azzurri o indaco. “Portano fortuna”, confida una venditrice, “e ricordano che anche dentro casa serve un pezzetto di cielo.” Una tradizione semplice ma molto sentita, che coinvolge anche i più giovani. Alcuni studenti intervistati davanti all’Università Nazionale hanno raccontato di scegliere oggetti blu come portafortuna durante gli esami.
Il vero colore dell’anima uzbeka
Chi torna dall’Uzbekistan se ne porta dietro una certezza silenziosa: quella gamma infinita di blu – mai uguale a se stessa – resta impressa nella memoria più forte delle parole delle guide o delle foto sugli smartphone. Un filo sottile lega passato e presente fra cupole antiche e minareti lasciati incompiuti. Forse il segreto sta proprio qui: nella forza di quei colori capaci di evocare qualcosa d’infinito che continua a sorprendere chiunque varchi quelle soglie antiche.