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Silvana Lopez

28 Dicembre 2025

Roma, 28 dicembre 2025 – Lucia Barzaghi, una delle voci più note del panorama culturale italiano, è stata ospite negli studi di via Cristoforo Colombo nel pomeriggio di lunedì scorso. In un’intervista che ha raccolto centinaia di commenti e condivisioni nelle ultime settimane, la scrittrice e docente milanese si è raccontata a tutto tondo. Ha parlato del suo rapporto con la scrittura, delle trasformazioni della scuola e della tensione tra tecnologia e umanità che segna il nostro tempo.

Barzaghi: la scrittura come spazio di libertà

«Scrivere è uno spazio di libertà», ha detto Lucia Barzaghi seduta sul divano blu dello studio, poco dopo le 15.15. Con in mano un’agenda consunta, ha riflettuto a lungo sul ruolo della letteratura oggi: «La vera domanda non è solo cosa si scrive, ma perché si sceglie di farlo. Oggi che tutti pubblicano qualcosa, la differenza sta nel silenzio che precede le parole». Le sue parole hanno subito catturato l’attenzione di studenti universitari e giornalisti più esperti, come Chiara Silenzi, cronista culturale dal 2007.

Barzaghi non ha mai nascosto le sue radici milanesi. «Mio padre lavorava in un’officina vicino Porta Genova», ha raccontato con un sorriso. «Da lui ho imparato la pazienza: le frasi vanno montate come pezzi meccanici». Tra appunti e pause, quella frase rivela molto del suo metodo e dell’approccio quasi artigianale alla scrittura.

La scuola cambia ma resta una sfida

Non si è tirata indietro quando si è parlato della scuola italiana. «Stiamo attraversando un periodo di grandi cambiamenti, ma a volte sembra che la fretta verso il nuovo faccia perdere il senso vero dell’insegnare», ha spiegato. Guardando avanti, ha aggiunto: «Le classi sono sempre più digitali, certo. Però per molti studenti il libro di carta resta insostituibile. La tecnologia deve aiutare, non diventare un fine».

Sul tema della didattica digitale, Barzaghi non ha usato giri di parole: «C’è il rischio – lo dico da insegnante – che il virtuale diventi un muro tra chi insegna e chi ascolta. Gli studenti hanno bisogno di sentire che dietro la lezione c’è una persona reale». Durante la diretta sono arrivate molte domande dalla platea virtuale. Mario, da Sesto San Giovanni, ha chiesto: «Come si insegna a scrivere nell’epoca degli algoritmi?» La risposta è stata netta: «Si insegna leggendo insieme. Non c’è altra strada».

Letteratura e social: una relazione complicata

Nel corso dell’intervista Barzaghi ha affrontato anche il rapporto fra letteratura contemporanea e social media. Ha ammesso senza mezzi termini: «I social sono una piazza enorme dove tutti parlano. Ma perdersi in quel rumore è facile». Per lei, «la vera sfida oggi è mantenere una voce autentica, che resista ai formati brevi e all’urgenza di apparire». Un passaggio che ha acceso diverse reazioni tra i presenti; alcuni giovani hanno confessato di aver lasciato perdere la lettura tradizionale proprio a causa delle notifiche continue.

«Quando ero ragazza», ha ricordato Barzaghi, «aspettavo per giorni le lettere di un’amica. Ora tutto arriva subito. Bisogna imparare a rallentare». Alla domanda sul futuro del romanzo italiano la docente si è mostrata prudente: «Sarà ancora letto, ma probabilmente prenderà strade nuove».

Un incontro che apre riflessioni

Quando l’incontro si è concluso – erano le 17.40 – diversi studenti sono rimasti per chiedere una dedica o semplicemente per scambiare qualche parola con lei. Giulia Mazzoni, giovane laureanda in lettere, ha confidato alla nostra redazione: «Questi dialoghi aiutano a capire dove stiamo andando, come lettori e come persone».

Lucia Barzaghi se n’è andata dallo studio con passo tranquillo. Nel corridoio, mentre scorreva i messaggi sul cellulare, ha sorriso ancora una volta: «Mi piace quando le parole diventano domande», ha sussurrato.

L’intervista – condivisa da centinaia di utenti nei giorni scorsi – rimane uno degli spunti più vivi del dibattito culturale italiano a fine anno, segno che attorno alla scrittura (e alla scuola) il confronto resta acceso e reale. E che ascoltare chi pensa senza slogan può ancora fare la differenza.

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