La Cucina Italiana Riconosciuta Patrimonio Unesco: Nasce l’Osservatorio Internazionale di Casa Artusi

Giulia Ruberti

11 Dicembre 2025

Bologna, 11 dicembre 2025 – La cucina italiana entra ufficialmente nel novero dei Patrimoni Unesco. Il riconoscimento è arrivato oggi, durante la sessione annuale dell’organizzazione Onu dedicata alla tutela del patrimonio culturale immateriale, che si è tenuta a Parigi. Un risultato importante che, come hanno sottolineato diversi rappresentanti istituzionali nelle prime ore di questa mattina, «rende giustizia a una delle più radicate espressioni della nostra identità collettiva». La notizia è stata diffusa poco dopo le 10 dal Ministero della Cultura; l’entusiasmo – tra chef, cuochi di trattoria e semplici appassionati – ha subito contagiato piazze, mercati e cucine in tutta Italia.

L’annuncio dell’Unesco e le prime reazioni

La candidatura italiana, presentata quasi due anni fa, ha superato tutti i passaggi necessari del Comitato Unesco per il patrimonio immateriale. Nel dossier una carrellata di piatti simbolo – dalle lasagne emiliane agli arancini siciliani, passando per pizza e polenta – raccontava il valore sociale e la capacità della cucina italiana di unire territori e generazioni diverse. Il ministro Gennaro Sangiuliano ha sottolineato come questo riconoscimento «testimoni la forza di una tradizione che si rinnova ogni giorno sulle tavole delle famiglie e nei ristoranti, senza mai perdere il legame con le sue radici».

Le reazioni non si sono fatte attendere. Poco dopo l’annuncio, davanti alla storica trattoria Da Cesari in via de’ Carbonesi a Bologna, si è formato un piccolo gruppo di clienti abituali: «È un po’ come se avessero premiato tutte le nostre nonne», ha detto Annalisa, cuoca da trent’anni dietro i fornelli. «Ma adesso inizia la vera sfida: difendere la nostra cucina dall’omologazione».

Casa Artusi dà vita all’Osservatorio internazionale

A poche ore dalla decisione dell’Unesco arriva anche un altro annuncio da Casa Artusi, a Forlimpopoli: nasce il primo Osservatorio internazionale sulla cucina e il buon gusto italiano. L’iniziativa vuole «studiare, seguire e promuovere la cultura gastronomica italiana nel mondo», hanno spiegato i promotori. La sede operativa sarà proprio nella casa-museo dedicata a Pellegrino Artusi, il gastronomo che alla fine dell’Ottocento raccolse ricette regionali dando voce per la prima volta alla varietà della cucina nazionale.

L’Osservatorio collaborerà con università italiane e straniere, scuole alberghiere e associazioni di chef. Nel comitato scientifico figurano nomi importanti come Massimo Bottura e Lidia Bastianich; il primo incontro pubblico è previsto per febbraio 2026. L’obiettivo è chiaro: produrre ricerche, censimenti e report annuali sui nuovi trend alimentari e su come viene vista la cucina italiana all’estero.

Il valore nascosto nei gesti di ogni giorno

Il riconoscimento Unesco non riguarda solo ricette o tecniche culinarie. Al centro c’è soprattutto il rito sociale legato alla preparazione e al consumo dei pasti. Nei documenti presentati a Parigi si parla della tavola come «spazio simbolico dove si tramandano storie familiari», oltre che della capacità della cucina italiana di adattarsi ai tempi – dal pane fatto in casa durante i lockdown alle versioni rivisitate per nuove esigenze alimentari.

Secondo Coldiretti, quasi 9 italiani su 10 vedono la cucina come parte fondamentale della propria identità nazionale. Stefano Patuanelli, presidente dell’associazione agricoltori, ha sintetizzato così: «Ogni piatto racconta una geografia. Dai tortellini bolognesi al cannolo siciliano, dietro ogni ricetta c’è una storia fatta di lavoro quotidiano e condivisione».

Le sfide per il futuro tra tradizione e innovazione

Questo riconoscimento arriva in un momento delicato per la gastronomia italiana. Da una parte cresce la domanda mondiale di prodotti italiani autentici: secondo Federalimentare nel 2024 le esportazioni agroalimentari hanno superato i 64 miliardi di euro. Dall’altra però resta alta l’attenzione alle imitazioni e all’uso improprio del “Made in Italy”. Su questo fronte dovrà vigilare anche l’Osservatorio Casa Artusi: lo ha ribadito Andrea Segrè, docente all’Università di Bologna. «Non basta proteggere le ricette», ha spiegato, «serve anche lavorare sull’educazione al gusto».

Ci sono poi altre sfide: la sostenibilità ambientale dei processi produttivi e il rischio che alcune tecniche tradizionali vadano perse nel tempo. Temi che saranno affrontati nei prossimi mesi anche attraverso campagne pubbliche di sensibilizzazione.

Un patrimonio italiano che parla al mondo

La proclamazione Unesco segna più che una vittoria: è un nuovo punto di partenza. Da New York a Tokyo decine di ristoranti italiani stanno celebrando con menù speciali o piccoli gesti simbolici questa conquista. «Offriremo un piatto di pasta a ogni cliente abituale», racconta Marco D’Alessandro, chef milanese trasferito a Manhattan.

Eppure – come ripetono molti addetti ai lavori – il vero senso resta quello trasmesso ogni giorno nelle cucine italiane, «tra una pentola che borbotta e un bicchiere di vino versato a chi arriva tardi». Solo così si capisce che la forza più grande della cucina italiana, ora anche Patrimonio Unesco, sta nella semplicità del gesto quotidiano.

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