Milano, 20 novembre 2025 – Roberto Calderoli, ministro per gli Affari Regionali, ha messo la sua firma sui primi accordi per l’avvio dell’autonomia differenziata. Ieri in Veneto e Lombardia, oggi in Piemonte e Liguria. Un passaggio che, secondo lo stesso Calderoli, chiude “un primo percorso”. Ma i risultati concreti, ammettono fonti di governo, si vedranno solo tra qualche anno. Per la Lega, invece, il valore è soprattutto politico: è la prima vittoria dopo decenni di battaglie, l’inizio di un cammino che il partito considera fondamentale.
Le firme al Nord: la Lega fa il suo show
La cerimonia si è svolta tra ieri e oggi, seguendo un copione quasi rituale. Prima a Venezia e Milano, poi questa mattina a Torino e Genova. Ai tavoli con Calderoli c’erano i presidenti di Regione: Luca Zaia per il Veneto, Attilio Fontana per la Lombardia, Alberto Cirio per il Piemonte e Giovanni Toti per la Liguria. “Un passo avanti atteso da anni”, ha detto Calderoli. La Lega, che ha fatto dell’autonomia il suo cavallo di battaglia fin dagli anni Ottanta, ora può mostrare un risultato vero ai suoi elettori. “Abbiamo mantenuto la promessa”, ha ribadito Fontana subito dopo la firma a Palazzo Lombardia.
Un percorso lungo e pieno di incognite
Dietro all’entusiasmo politico, però, la strada è ancora lunga. L’autonomia differenziata – prevista dall’articolo 116 della Costituzione – richiede trattative lunghe tra Stato e Regioni, e una legge che dovrà passare in Parlamento. Solo allora le Regioni potranno davvero prendere in mano nuove competenze. “Ci vorranno anni”, ha ammesso Calderoli ai giornalisti, “ma era importante partire”. Fonti del Ministero degli Affari Regionali parlano di effetti concreti non prima del 2028. Intanto restano aperti i nodi più spinosi: i livelli essenziali delle prestazioni (Lep), la divisione delle risorse finanziarie e le competenze su scuola e sanità.
Le reazioni: applausi e critiche
Nel clima istituzionale si respirava tensione ma anche compostezza. Da un lato, la soddisfazione dei governatori del Nord, che hanno parlato di “giornata storica” per i loro territori. Dall’altro, le opposizioni non hanno perso tempo a criticare. “Si rischia di spaccare il Paese”, ha detto la segretaria del Pd, Elly Schlein. Il Movimento 5 Stelle ha chiesto che “ogni passo sia discusso in Parlamento”. E anche i sindacati hanno sollevato dubbi: la Cgil ha parlato di “pericolo di disuguaglianze territoriali”, soprattutto su scuola e sanità.
Il peso politico per la Lega
Per la Lega, l’accordo non è solo un pezzo di carta. Il partito di Matteo Salvini aveva bisogno di un segnale forte da mostrare sul territorio, soprattutto in vista delle prossime elezioni regionali e comunali. “È un risultato che aspettavamo da trent’anni”, confida un dirigente lombardo. Ma tra i militanti c’è anche chi frena l’entusiasmo: molti ricordano le promesse non mantenute del passato e temono che la vera battaglia si giochi ancora a Roma, tra commissioni e ministeri.
Cosa succederà da qui in avanti
Secondo il Ministero, nelle prossime settimane partiranno i tavoli tecnici per definire quali materie passare alle Regioni: si parla di trasporti locali, ambiente, lavoro e parte della sanità. Il nodo vero, però, resta quello dei soldi. “Senza fondi adeguati non si va da nessuna parte”, ha spiegato Zaia ai giornalisti in Veneto. Il governo dovrà anche fare i conti con le altre Regioni, soprattutto quelle del Sud, che chiedono garanzie sui Lep e temono di perdere risorse a vantaggio del Nord.
Un cammino appena iniziato
In definitiva, le firme di ieri e oggi sono solo il punto di partenza di un percorso lungo e pieno di ostacoli. Per ora, la Lega può vantare un successo simbolico: aver dato il via all’autonomia differenziata. Ma la strada verso una vera riforma è ancora tutta da scrivere. Mentre a Milano si festeggia con prudenza, a Roma si preparano già nuove battaglie parlamentari che potrebbero cambiare ancora una volta il destino dell’autonomia in Italia.