Roma, 7 novembre 2025 – Nel 2024, diciotto milioni di italiani hanno deciso di destinare il cinque per mille della dichiarazione dei redditi alle associazioni e agli enti del terzo settore, con l’intento di sostenere concretamente il sociale. Ma i dati ufficiali del Ministero dell’Economia raccontano una storia diversa: su 604 milioni di euro raccolti, solo 525 milioni sono arrivati davvero a destinazione. Circa 79 milioni sono rimasti nelle casse dello Stato.
Cinque per mille, un sostegno che si perde per strada
Il cinque per mille è una delle principali forme di aiuto economico al non profit in Italia. Al momento della dichiarazione dei redditi, ogni contribuente può scegliere a chi destinare una parte dell’Irpef. Un gesto semplice, quasi automatico. Ma non sempre le somme tornano davvero nelle mani di chi le aspetta.
I dati dell’Agenzia delle Entrate parlano chiaro: nel 2024 sono stati raccolti 604 milioni di euro grazie a queste scelte. Di questi, però, solo 525 milioni sono stati effettivamente consegnati agli enti beneficiari. Il resto, circa il 15 per cento, è stato trattenuto dallo Stato. Una differenza che ha acceso più di qualche discussione tra chi opera nel terzo settore. “I cittadini devono sapere che una parte delle loro donazioni non arriva a destinazione”, ha spiegato Claudia Fiaschi, portavoce del Forum Terzo Settore.
Perché lo Stato trattiene quasi un quinto dei fondi?
Il motivo? Fonti del Ministero dell’Economia parlano di “scelte non valide” e “errori nella compilazione”. A questo si aggiungono i fondi non assegnabili perché gli enti destinatari non rispettano i requisiti richiesti. In pratica, non tutte le preferenze espresse si traducono in soldi versati: alcune associazioni non sono più iscritte agli elenchi ufficiali, altre non rispettano i criteri di legge.
Chi lavora nel sociale, però, non si rassegna. “Serve più trasparenza – commenta Marco Granelli, presidente di Acli – ogni euro donato deve essere tracciabile e arrivare a chi ne ha bisogno”. Anche i volontari condividono questa preoccupazione. “Ci sentiamo responsabili verso chi ci sostiene”, racconta una responsabile di una piccola onlus romana. “Quando ci chiedono perché i fondi tardano o sono meno del previsto, non sempre sappiamo cosa rispondere”.
Il rischio per i servizi e la fiducia dei cittadini
Non arrivare a destinazione con tutti i fondi ha conseguenze concrete. Molte associazioni, dalla Caritas alle cooperative locali, contano proprio sul cinque per mille per finanziare progetti di assistenza e inclusione. “Ogni taglio significa meno servizi”, spiega don Luigi Ciotti di Libera. “Non è solo una questione di numeri: è la fiducia dei cittadini che si mette in gioco”.
Secondo il Csvnet, la riduzione dei fondi potrebbe portare alla sospensione di alcune iniziative già programmate per il 2025. Soprattutto le realtà più piccole rischiano di restare senza risorse per garantire servizi essenziali.
Il terzo settore chiede risposte chiare
Di fronte a questa situazione, le reti associative sollecitano un intervento immediato del governo. “Vogliamo che tutte le somme raccolte arrivino davvero a chi ne ha diritto”, sottolinea Vanessa Pallucchi, presidente di Legambiente. La richiesta è di rafforzare i controlli e semplificare le procedure per gli enti beneficiari.
Il Ministero dell’Economia annuncia che sta studiando modi per ridurre la differenza tra quanto raccolto e quanto distribuito. Una soluzione potrebbe arrivare con la prossima legge di bilancio, ma servirà un confronto serrato tra governo e terzo settore.
Intanto, milioni di italiani continuano a firmare con fiducia la loro dichiarazione dei redditi. Solo quando ogni euro raggiungerà davvero la sua meta, si potrà dire che il sistema funziona davvero.