San Paolo, 8 dicembre 2025 – Tra le luci calde del Museu da Casa Brasileira, l’espresso italiano prende il centro della scena in una mostra che racconta – con oggetti, immagini, parole e gesti – una storia fatta di design, innovazione e soprattutto migrazione. Inaugurata ieri sera nel cuore di San Paolo, questa esposizione non è solo un omaggio alla cultura del caffè. È un tuffo nella memoria collettiva di milioni di italiani che hanno trovato in Brasile una seconda casa.
L’espresso: il ponte tra Italia e Brasile
L’evento, dal titolo suggestivo “Espresso: un racconto italiano”, si sviluppa in ambienti ricostruiti con cura. Tavolini in formica anni ’60, vecchie macchine Faema e La Pavoni, fotografie in bianco e nero di emigranti sulle navi dirette a Santos: la storia si fa concreta davanti agli occhi dei visitatori, molti brasiliani con radici in Veneto, Calabria o Sicilia. “Il caffè è stato il nostro primo linguaggio comune”, dice Silvana De Filippi, discendente di una famiglia arrivata a Campinas nel 1923. “Mio nonno ripeteva sempre che solo bevendo l’espresso al mattino si sentiva davvero a casa”.
La mostra sarà aperta fino al 25 febbraio ed è parte di una lunga serie di eventi che negli ultimi mesi hanno spinto il Brasile a riflettere sulla sua identità multiculturale. L’allestimento ha ricevuto il supporto dell’ambasciata italiana insieme a Illycaffè e al Museo della Macchina per Caffè di Milano.
Dalle origini italiane al rito quotidiano
Se l’espresso nasce dalle invenzioni di Luigi Bezzera e Desiderio Pavoni nei primi anni del ‘900 a Milano, è dopo la Seconda guerra mondiale che la bevanda varca i confini e conquista bar e case nel mondo. Qui a San Paolo, dove la coltivazione del caffè segna da tempo l’economia e il paesaggio, il legame tra espresso e comunità italiana si fa molto forte.
Nelle teche si possono vedere alcune delle prime valvole inventate da Achille Gaggia nel 1947. Una macchina “La Cimbali” del 1956, restaurata apposta per la mostra, cattura lo sguardo dei visitatori. Secondo i curatori, questo percorso mostra come il design italiano abbia cambiato non solo l’aspetto delle macchine ma anche il modo in cui ci si incontra: “L’espresso – spiega Marco Bellini, storico dell’alimentazione – non è solo tecnologia. È un rito: la tazzina piccola, la crema sopra dorata, l’attesa breve ma sacra”.
Non manca uno spazio dedicato alle tazzine simbolo prodotte da Richard Ginori, Alessi e da artisti locali che danno un tocco tropicale al classico servizio italiano.
Innovazione e identità: guardando avanti
Accanto alla storia c’è uno sguardo al presente. Le macchine a leva diventano oggi oggetti dal design moderno, mentre alcune startup brasiliane lavorano con aziende lombarde per creare nuove miscele “third wave”. L’iniziativa ha attirato molti giovani imprenditori: Lucas Oliveira, barista ventinovenne, racconta che “molti ragazzi qui stanno riscoprendo l’espresso grazie alle storie dei nonni e alle collaborazioni tra Italia e Brasile”.
I dati dell’Istituto Italiano di Cultura parlano chiaro: in Brasile vivono oltre 30 milioni di discendenti italiani; San Paolo ospita la comunità più grande fuori dall’Italia. Non sorprende quindi che l’espresso diventi un vero simbolo identitario. “Non è solo una bevanda – confida il console Andrea De Rinaldis – ma uno spazio dove incontrarsi”.
Memorie da assaporare
La visita finisce in un piccolo bar ricostruito nello stile torinese degli anni ’50. Qui chi passa può assaggiare miscele importate dall’Italia o caffè locali preparati secondo la vecchia ricetta dell’espresso. Sullo schermo scorrono le storie delle famiglie migranti: parole semplici e volti segnati dal tempo.
Nel cortile interno si diffonde un profumo intenso dalla torrefazione improvvisata. Un gruppo di studenti universitari prende appunti per un progetto sul caffè come fenomeno sociale. “Solo qui capisci quanto siamo legati – dice uno di loro – anche se non ci siamo mai incontrati prima”.
La mostra al Museu da Casa Brasileira resta aperta tutti i giorni dalle 10 alle 18. Il biglietto costa 25 real (circa 5 euro). Un’occasione per scoprire come il piccolo rito dell’espresso italiano abbia attraversato gli oceani senza perdere la sua anima.