Napoli Explosion RAP al Real Albergo dei Poveri: la mostra di Mario Amura celebra 2500 anni di storia con arte e fuochi d’artificio

Giulia Ruberti

20 Dicembre 2025

Napoli, 20 dicembre 2025 – Trenta opere inedite di Giovanni Esposito raccontano, con foto e dipinti, il momento esatto in cui Napoli esplode di fuochi d’artificio la notte di Capodanno. Da oggi, le sale di Palazzo Zevallos Stigliano ospitano questa mostra che sembra sospesa nel tempo: un attimo fermo mentre la città si accende di luci e colori. Un lavoro visivo che mescola reportage fotografico, pittura, un approccio quasi scientifico nell’osservare la realtà e tocchi di poesia, come ha spiegato lo stesso artista durante la presentazione mattutina.

Il tempo sospeso: l’istante che diventa racconto

Le sale al piano nobile, già piene fin dal primo pomeriggio, accolgono i lavori realizzati da Esposito negli ultimi due anni. Non sono solo immagini – “sono campioni di tempo”, ha detto l’artista napoletano, “pezzi di una notte che non torna mai uguale” – ma vere sequenze pittoriche, pennellate che dialogano con la luce catturata dalla pellicola fotografica. Il filo che lega tutto? La città partenopea che allo scoccare della mezzanotte si anima con i suoi fuochi pirotecnici, bagliori improvvisi sulle case di Posillipo, nei vicoli dei Quartieri Spagnoli, sulle terrazze affacciate al mare.

Gli organizzatori raccontano come questo progetto nasca da una riflessione collettiva: “I napoletani sono parte attiva, spesso senza nemmeno rendersene conto”, spiegano. “Ogni razzo sparato, ogni scoppio nei quartieri diventa un frammento visivo raccolto dall’artista”. È proprio la città a mettersi in gioco come materia viva mentre il pubblico costruisce — fuoco dopo fuoco — il racconto.

Tra scienza e poesia: come nasce la serie

Il percorso di Esposito è particolare: dopo l’Accademia di Belle Arti ha studiato chimica, senza però staccarsi dal lavoro artistico. “Guardavo i fuochi d’artificio come fenomeni da osservare e misurare”, ha detto ai margini dell’inaugurazione, “ma poi ho capito che in quel momento c’è qualcosa di molto umano e intimo, condiviso da migliaia di persone”. Così la tecnica si trasforma in racconto: tempi di esposizione lunghi per le foto e sovrapposizioni cromatiche nei dipinti cercano di restituire non solo i dati oggettivi — la traiettoria delle luci, il fumo — ma anche una tensione emotiva.

Alcune opere mostrano dettagli piccoli ma intensi: un balcone illuminato per pochi istanti, i riflessi sul golfo, un gruppo di ragazzi che guarda il cielo. Microstorie sospese nella notte più lunga dell’anno, quella che a Napoli segna il passaggio simbolico dal vecchio al nuovo.

Il pubblico protagonista (senza saperlo)

Colpisce il ruolo centrale degli spettatori. Chi visita sembra rispecchiarsi nelle fotografie. “Ho voluto rendere omaggio a chi vive queste notti,” ha detto Esposito davanti a una delle tele dedicate a Forcella, “perché ogni Capodanno qui è un rito collettivo”. Non c’è solo lo sguardo dell’artista ma anche quello dei tanti cittadini che — tra le 23.50 e le 00.30, quando Napoli sembra fermarsi per accendersi tutta insieme — partecipano a una tradizione fatta di festa e speranza.

Anche la disposizione delle opere è pensata: le tele più grandi incorniciano l’ingresso; le fotografie — stampate su carta opaca e senza vetro — seguono un percorso quasi circolare. Sulla parete opposta si trovano appunti scritti a mano con i dietro le quinte delle riprese: “pioggia leggera alle 23.59”, “una famiglia al settimo piano applaude”.

Oltre il Capodanno: Napoli laboratorio aperto

Per Esposito questo progetto non finisce con le feste. L’artista immagina nuovi percorsi sempre tra cronaca e racconto. “La città è un laboratorio aperto”, ha concluso davanti ai giornalisti. “Ogni notte può diventare uno spazio da osservare se impariamo a fermarci davvero”.

La mostra rimane aperta fino al 31 gennaio 2026, dal martedì alla domenica (10-19), ingresso libero. I primi dati del museo parlano già di oltre cinquemila visitatori attesi nelle prime due settimane. E sotto i lampadari del palazzo seicentesco riecheggia un commento raccolto tra il pubblico: “Sembra ancora di sentire il rumore dei fuochi”. Forse è proprio questa la vera eredità: una memoria viva della città in festa catturata nell’istante fugace sopra il mare.

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