Paracas, la Riserva Naturale del Perù dove il Deserto Incontra il Mare e la Storia Fossile

Silvana Lopez

19 Dicembre 2025

Paracas, 19 dicembre 2025 – La Riserva Nazionale di Paracas, che si affaccia sulla costa sud-occidentale del Perù, è uno di quei posti dove terra e mare si incontrano e il tempo sembra scorrere con un ritmo tutto suo. Qui, tra le distese dorate del deserto e l’azzurro profondo dell’oceano, si intrecciano silenzio, vento e paesaggi mozzafiato. Chi arriva in queste zone, spesso nelle prime ore del mattino, quando la luce filtra tra rocce e sabbia, resta colpito dai contrasti: le formazioni rocciose modellate dal vento, le spiagge che si allungano a sud e i fenicotteri che fanno capolino nelle lagune.

Un crocevia di natura e storia

Nata nel 1975 e oggi gestita dal Servicio Nacional de Áreas Naturales Protegidas por el Estado, la Riserva di Paracas copre più di 335 mila ettari, di cui circa due terzi sono mare. È una delle aree protette più vaste del Sudamerica. Le guide locali – spesso legate a famiglie che vivono qui da generazioni – raccontano con orgoglio che il sito conserva una delle più ricche collezioni di fossili marini della regione. Nelle piccole sale museali di Paracas Pueblo o sulle spiagge di Lagunillas spiccano resti di balene antiche e denti di megalodonte.

Ma non è solo la storia della terra a definire questo luogo. Ovunque si vedono i segni della presenza umana legata alla civiltà di Paracas, fiorita tra il VII secolo a.C. e il II d.C. Questa cultura è famosa per le sue sepolture complesse e i tessuti colorati, oggi conservati nei musei di Lima. Alcuni pescatori, verso tarda mattinata, raccontano ancora le storie tramandate dai nonni: “Qui il vento cambiava all’improvviso portando sabbia… e ossa antiche”.

Una biodiversità fragile tra dune e oceano

Il vero tesoro della riserva sta nel suo delicato equilibrio naturale. Paracas ospita oltre 400 specie tra piante e animali, come leoni marini, delfini, pinguini di Humboldt, cormorani e centinaia di uccelli migratori che trovano rifugio nelle lagune salmastre durante l’inverno. Il biologo peruviano Rafael Ortiz spiega: “La biodiversità è il cuore della riserva, ma è sempre più minacciata dai cambiamenti climatici e dal turismo incontrollato”. Ogni giorno partono dal molo di El Chaco diverse barche, soprattutto alle 8 e alle 11 del mattino, dirette alle Isole Ballestas, un arcipelago roccioso dove nidificano sule, pellicani e una vivace colonia di otarie.

Nei mesi estivi (dicembre-marzo) le temperature possono superare i 30 gradi, rendendo sconsigliate le visite nelle ore più calde. Gli operatori turistici raccomandano cappelli a tesa larga, acqua in abbondanza e scarpe chiuse. “Molti sottovalutano il sole qui – avverte Maria Gonzales, guida locale – ma il clima cambia in fretta: anche d’estate il vento può diventare tagliente”.

Il delicato equilibrio tra tutela e sviluppo

Negli ultimi anni la riserva è diventata un banco di prova per la gestione responsabile delle risorse naturali. Oggi attrae più di 400 mila visitatori all’anno; una crescita importante che dà lavoro a molte persone del posto ma richiede regole precise: vietato fare il bagno in alcune aree, campeggio libero proibito e rigide norme sulle visite in barca. Circa 200 pescatori artigianali collaborano con le autorità per proteggere le risorse marine ed evitare la pesca indiscriminata della conchiglia “choro”.

Le associazioni ambientaliste locali però puntano il dito sulla necessità di migliorare la gestione dei rifiuti e diffondere una cultura turistica più rispettosa dell’ambiente. “La vera sfida è trovare un equilibrio tra sviluppo economico e conservazione – dice Gabriela Castro dell’associazione EcoParacas – solo così questo posto potrà essere conservato per chi verrà dopo”.

Un’esperienza che lascia il segno

Camminando sul sentiero verso Playa Roja, dove la sabbia prende toni rossastri grazie alle rocce vulcaniche vicine, si percepisce davvero l’essenza della riserva. I visitatori spesso restano in silenzio davanti al panorama: da un lato il deserto che si perde all’orizzonte; dall’altro il rumore incessante delle onde dell’Oceano Pacifico. Qui – come ricordano spesso i guardiaparco – ogni traccia lasciata dall’uomo può durare anni. Un invito a muoversi con rispetto perché la vera bellezza di Paracas sta proprio in questa fragile armonia fra antichi deserti e mare senza tempo.

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