Viaggi 2024: I Neologismi da Turistificazione a Turismofobia che Cambiano il Modo di Esplorare

Giulia Ruberti

14 Dicembre 2025

Milano, 14 dicembre 2025 – In un mondo dove le abitudini di viaggio cambiano alla velocità della rete, anche il vocabolario del turismo si rinnova. Lo confermano le ricerche degli ultimi mesi su social, blog e guide del settore, dove spuntano all’improvviso nuovi termini. Un segno evidente di come il modo di muoversi, scoprire e raccontare il mondo stia cambiando profondamente e, con lui, anche le parole con cui lo definiamo.

Parole nuove per viaggiatori diversi

Si parla sempre più spesso di bleisure – fusione di “business” e “leisure”, lavoro e svago – un fenomeno che cresce tra chi viaggia per lavoro ma poi si ferma qualche giorno in più per godersi la città. Non più solo riunioni e rientri: oggi capita che un manager romano resti il weekend a Madrid dopo una fiera, o che una consulente milanese decida di lavorare in remoto da Barcellona qualche giorno extra. “Lo faccio per staccare davvero”, racconta Giulia, 34 anni, digital strategist, “e perché cambiare aria mi aiuta a lavorare meglio”. Una visione diversa della trasferta che ha fatto entrare il termine bleisure nel linguaggio quotidiano delle agenzie di viaggio e nelle presentazioni aziendali.

Dal “microtripping” alla “workation”: viaggi a portata di click

Tra i neologismi più diffusi online c’è anche il microtripping: piccoli viaggi last minute, di una o due notti. Esperienze brevi ma intense, pensate per staccare senza spostarsi troppo lontano. Si prenota con un click e si parte quasi senza valigia. “Con gli amici scegliamo una città italiana mai vista prima e prenotiamo tutto online”, spiega Luca, 28 anni, di Bologna. Piattaforme come Booking e Airbnb vedono crescere queste richieste: viaggi corti ma frequenti che compensano la rinuncia alle grandi vacanze.

E poi c’è la workation, parola nata dall’unione tra “work” e “vacation”: lavorare da posti turistici. Un concetto esploso dopo la pandemia. Chi può fare smart working spesso si ritrova tra spiagge assolate o chalet in montagna con una buona connessione wi-fi. Secondo l’Osservatorio Innovazione Digitale del Turismo del Politecnico di Milano, ormai quasi il 20% dei lavoratori digitali italiani pratica questa formula. “Se ho un portatile e una sedia comoda, posso lavorare ovunque”, dice Enrico, sviluppatore freelance.

Emozioni in viaggio: i nuovi nomi

Nel glossario dei viaggi emergono parole che descrivono stati d’animo precisi. La più famosa è sicuramente wanderlust, quel desiderio irrefrenabile di partire che accompagna chi posta foto su Instagram o TikTok. Ma da qualche tempo gira anche il termine solomoon, cioè il viaggio di nozze fatto in solitaria: un trend soprattutto tra i giovani della Generazione Z che sottolinea quanto sia importante ritagliarsi tempo per sé stessi anche dopo il matrimonio.

C’è chi invece sceglie di non muoversi affatto: nasce così la staycation (vacanza senza partire), parola molto usata durante gli anni del Covid e ancora apprezzata da chi preferisce riscoprire la propria città o quartiere. “Ho passato una settimana da turista a Firenze senza mai uscire dai confini cittadini”, racconta Stefania, 41 anni.

Quando i social plasmano il linguaggio

Questi termini non sono solo mode passegere: spesso diventano etichette utili per raccontare esperienze comuni prima difficili da spiegare. Come nel caso del digital detox, la necessità di staccare smartphone e schermi durante le ferie, oppure la meno nota hometel, l’hotel che sembra una casa, ideale per chi cerca comfort ma anche autenticità fuori porta.

L’influenza dei social è forte. Hashtag come #workation o #microtripping generano milioni di contenuti ogni giorno con storie diverse. Ma non solo i social danno forma a queste tendenze: anche agenzie viaggio, fiere come la Bit di Milano e i grandi tour operator contribuiscono a diffondere questo vocabolario tra clienti e addetti ai lavori.

Parole nuove per un futuro in movimento

La continua nascita di nuovi termini legati al turismo riflette un bisogno reale: mettere in parole – nuove o vecchie che siano – i profondi cambiamenti nel modo di vivere il tempo libero e conoscere il mondo. Non è solo questione di linguaggio; dietro ogni parola c’è una piccola rivoluzione nel rapporto tra persone e luoghi. E proprio qui si vede tutta la forza viva della lingua: raccontarsi ed evolversi insieme alle mode.

Quello che oggi suona come uno slogan (“faccio una workation sulle Dolomiti”, “mi concedo un microtripping a Torino”) potrebbe domani entrare nel lessico comune. A confermarlo è Silvia Montemurro, linguista dell’Università Cattolica: “La lingua dei viaggiatori spesso anticipa tendenze sociali più ampie”. Così mentre si prepara la valigia o si scorre la timeline alla ricerca dell’offerta giusta nascono nuovi modi per chiamare emozioni vecchie quanto il desiderio stesso di partire.

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